C’era una volta… ed ora, forse, non c’è più.
Mi sento molto Leopardiana nella prima fase di un pessimismo storico che mi assale quando sono seduta ad un tavolino di un bar nella splendida piazza del mio Paese a guardare attorno, ad osservare, ad analizzare, a cercare di intuire e capire. Capire come sia possibile essere arrivati a cotanto dissesto e come sia ancora più possibile vedere riproposti stessi volti, stessi nomi, stesse vane illusioni. Il solito ciclo continuo, che gira all’infinito, il movimento ciclico degli avvenimenti mi disarma.
Ma ecco, che spuntano insieme e “contro” vecchi e ormai conosciuti visi, tanti nuovi sorrisi, movimenti, liste civiche create appositamente qualche mese prima delle elezione ad hoc per l’occasione, che si celano dietro a poveri giovani agnellini sacrificali manovrati da papà, zii e parenti vari (che corrispondono poi ai “vecchi”, e non intendo solo anagraficamente, all’interno del panorama sociale, politico ed economico Galatinese). Però son giovani, son fighi, gli facciamo un po’ di manipolazione durante le riunioni, gli insegniamo a scrivere qualche frase da gran professoroni e via stampati anche loro prima o poi sulle fantastiche figurine che iniziano a tappezzare le “chianche” ormai decadenti.
Mi sento molto Leopardiana nella sua seconda fase di pessimismo psicologico quando capisco bene che la gente vive senza accontentarsi mai, ergo, che nessuno me ne voglia, sopravvive: che è di gran lunga più triste come posizione. Ostentare alla gloria, al potere, calpestando diritti e doveri. Calpestando dignità di persone e alimentando una piazza e delle stanze che da pochi mesi ascoltano frasi, parole, pensieri comizianti che devono solo convincere. Persuadere.
Incontro gente che mi chiede il voto che a mala pena riesce ad accostare due parole e ad usare un congiuntivo. Non è pregiudizio né discriminazione. Ma quei bei discorsi, che si son susseguiti da sempre nel corso della storia, chi mai li rifarà? E poi ci lamentiamo dei nostri politici senza laurea e di un Renzi che non riesce a fare un discorso in lingua inglese. Dovremmo iniziare a guardare nel piccolo, che solo così si costruisce il grande. Chi guarda in alto non ha il coraggio di guardarsi accanto. Ed è brutto. Ovviamente tutte queste parole nascono da miei umili pensieri e nella mia consapevole ignoranza e incompetenza. Il mio bel Paese tappezzato da foto di ogni modo, da selfie, quasi fosse una passerella al candidato più bello. Candidati sindaci allo sbaraglio per trovare giovani volti da piazzare per "inchimento", che per carità, ben venga. Ma poi a Pasqua prossima li scanniamo? O ci si incontra in qualche campagna la notte successiva alle elezioni per concludere il rito? Destra, sinistra, centro, una destra che va a sinistra e un centro che va a destra, gente non classificata che dietro una visione ampia e che va oltre cela il suo essere inesorabilmente ormai schematizzato. E schedato, aggiungerei. Non so, in questi miei ventuno anni chi crociare, a chi dare il mio voto, mi trovo in una totale confusione e in questo stato di transito, di caos. W le Donne, ora che c'è l'obbligo della doppia scelta, ora le includiamo e magari le candidiamo anche come sindaco (o sincada o sindachessa, insomma ci siamo capiti) , le spediamo in tivù, non si ricordano neppure le loro stesse liste e per fortuna che quest'ultime son composte da, udite udite, persone. Sti cazzi, direbbe sicuramente un saggio indiano, per fortuna che lo abbiamo specificato, perché avevo difficoltà a riconoscere le persone dai cani e porci.
Infine mi sento Leopardiana nel suo ultimo stadio, quello cosmico, la morale la condivido anche, ma non so se, attualmente, può essere concretizzata. Vedo negli sguardi che incrocio e scontro per strada la mia stessa amarezza, delusione, desolazione. Vedo occhi di giovani estirpati da quella luce che dovrebbe caratterizzarli, quella luce che dovrebbe fare da tramite, da forza promotrice di volontà, vedo menti in stand-by , dimenticate, pensieri accantonati per mancanza di tempo, per paura, perché “poi che deve pensare la gente”.. la solidarietà del mio caro scrittore Giacomo, che mi ha aiutata ad esprimere la mutazione e la maturazione del mio pensiero riguardo questa tematica, sarebbe un’ottima idea ed anche soluzione, ci vuole solo tanta consapevolezza. Di essere tutti sulla stessa barca che sta naufragando, lentamente, ignara del proprio destino. Posso elencare soluzioni, forse possibili, probabilmente utopiche, posso dire cosa è stato fatto e cosa invece non è stato fatto, di certo nella mia barchetta, anzi, oserei chiamarla zattera, ho sempre io il comando e dove mi porterà la corrente non lo so, ma ho fame di armonia, di rispetto e di rapporti. Ho sete di giustizia. Sono piena, al limite dell’intolleranza, della falsità e dell’omertà. Del silenzio e del leccaculaggine o leccaculismo (passatemi il termine, quale sempre più orecchiabile) . Non ho altro da aggiungere, chiedo scusa solo per aver tediato abbastanza con queste pippe di una giovane mente, chi capirà ogni sarcasmo sottile son sicura che non lo vedrò su nessuna figurina. A tutti gli altri, auguro una felice campagna elettorale e che vinca il migliore, uomo (inteso come essere umano), ovviamente.
Silvana Bascià