Caro dottor Serravezza,
scusaci se ti stiamo lasciando da solo in questo sciopero della fame e della sete contro il TAP, se nel nostro perbenismo di facciata rimaniamo stravaccati sui nostri comodi divani & divani, se ce ne fottiamo del mondo ubicato al di fuori dell’uscio di casa nostra, salvo poi stracciarci le vesti quanto capita al mondo di attraversare il tinello del nostro appartamento.
Scusaci, dottore, se parli ai sordi, ai muti, ai ciechi e ai cerebrolesi che siamo diventati, e se con il nostro silenzio-assenso stiamo permettendo alle multinazionali del capitalismo di rapina di fare nella nostra terra quel cazzo che vogliono, come l’import-export dei loro modelli fatti di finanza fasulla, di spazzatura, di mafia, di sterilità e morte.
Scusaci se non abbiamo fatto raggiungere il quorum richiesto al referendum sulle trivelle in mare, però poi andiamo in massa a votare alle primarie per scegliere il leader di un partito che ha trasformato la sinistra nell’opposto di se stessa (con il Jobs Act, per dire, è iniziato l’esodo del partito dal suo insediamento sociale) e ha sferrato un attacco micidiale alla nostra Costituzione.
Scusaci, dunque, se non siamo riusciti ancora a liberarci di quarant’anni di monossido di democrazia cristiana, di venti altri di berlusconismo e dei prossimi venti di renzismo, e se stiamo riempiendo i nostri consigli comunali di gente impresentabile.
Scusaci ancora se abbiamo infarcito le nostre campagne di impianti fotovoltaici e pale eoliche con la scusa delle energie rinnovabili e alternative, e poi continuiamo a trivellare la Basilicata per il petrolio, a seguitare con il carbone a Cerano, a permettere i rigassificatori, e a farci penetrare da un tubo del gas senza manco proferire una parola.
Scusaci se resistiamo poco, non lottiamo abbastanza, non sogniamo più, e se alla verità intransigente che taglia, disaggrega e divide preferiamo gli inciuci, il partito unico della nazione, le grandi intese, le pacche sulla spalla, l’eterna trattativa stato-mafia.
Scusaci se applaudiamo ancora ai Twiga del Briatore di turno, se permettiamo un novello porto turistico a Otranto per grandi navi (e giacché anche un altro gasdotto, il Poseidon), se non mandiamo al diavolo la lady inglese e i suoi legulei che vorrebbero impiantare un villaggio extralusso a Sarparea, se stiamo uccidendo le nostre coste con non so più quanti stabilimenti balneari, e se vogliamo un’autostrada a quattro corsie fino a Santa Maria ‘de finibus terrae’.
Scusaci se abbiamo permesso l’eradicazione del Salento con il piano Silletti, non abbiamo reagito al decimo (de-ci-mo) decreto salva-Ilva (mica salva-polmoni), ce ne siamo bellamente sbattuti dello scempio Tempa Rossa, se sappiamo poco dei veleni della discarica Burgesi, e se crediamo che “sviluppo” e “ricadute occupazionali” si trovino nel funerale di trenta ettari di terreno dove impiantare l’ennesimo mega-centro commerciale.
Scusaci se abbiamo battuto tutti i record quanto a numerosità di tumori e neoplasie, e, nonostante tutto, stiamo ancora a chiedere le correlazioni tra i veleni che fuoriescono dalle ciminiere di un cementificio e le malattie: sì, vogliamo “i riscontri, le analisi, i numeri, le prove” - anche se le prove sono sotto gli occhi di tutti, ma nessuno le vede.
Scusaci, infine, se non sappiamo nulla di nulla, e se ci “informiamo” ancora guardando il Tg Rai (che non ti hanno cagato nemmeno di striscio), o Tele Orba o leggendo quotidiani caltagironei e altre mezze calzette più o meno prezzolate del Mezzogiorno.
Scusaci tanto, dottor Serravezza, se siamo dei grandissimi stronzi.
Antonio Mellone