L’altra sera, mentre guardavo Open, anzi per la precisione “Open mouth” (Vucchiperti), la surreale trasmissione di Telerama in cui venivano intervistati i sette-diventati-in-diretta-sei personaggi in cerca di elettore, le lacrime scendevano copiose dai miei poveri occhi attoniti, rigandomi il volto e infradiciando non so più quanti Kleenex.
Non riuscivo, però, a darmi una spiegazione sensata circa la loro provenienza: non sapevo cioè dire se quelle lacrime fossero di gioia o di lutto, di risate a stento represse o di disperazione tendente alla depressione.
Quel liquido fisiologico incolore ricopriva vieppiù la mia congiuntiva palpebrale (ma soprattutto le cornee) in quantità inversamente proporzionale alla correttezza dei congiuntivi proferiti dalla platea dei sindaci concorrenti in questa specie di talent show, e in funzione diretta al quadrato del numero di epiteti e invettive (tipo: “le corne ca tieni”) che suscitavano in me certe grottesche risposte-fotocopia, le quali stanno alla Politica come il pecorino sul pasticciotto appena sfornato.
Non so voi, ma io, nonostante le concordanze lessicali in libertà e la pesante inflessione gggalatinese dei magnifici sette, non son mica riuscito a cogliere chissà quali differenze di pensiero o di programma politico tra l’uno e l’altro candidato alla poltrona di primo cittadino del mio paese.
Una, la neofita, quella che deve “studiare per diventare sindaco”, quella dell’“emergenza abitativa a Galatina, per cui servono di corsa 36 nuovi appartamenti” [o più probabilmente 36 nuovi posti letto nel reparto psichiatria del Santa Caterina Novella, ndr.], così tesa, così rigida, così agitata e ansiosa (nonché ansiogena) che non riesce a formulare un pensiero uno di senso compiuto [alla fine della trasmissione si sarà certamente sciolta in un liberatorio pianto isterico - con la speranza che non abbia preso a pugni il povero accompagnatore nominato dal partito, ndr.]; l’altra, la scissionista, la reproba, l’apostata (da non confondere con la prostata), cioè la ex-compagna del PD [l’acronimo del cui partito sta ormai per Paola/Daniela, ndr.] che con la solita sicumera, nel suo italiano maccheronico tradotto verbatim dal nohano, sciorina le sue ridicole banalità su mega-porco commerciale e centro storico, nonché su varie ed eventuali come una Daniela Santanché qualsiasi. L’altro ancora, il De Pascalis (o meglio, il De Profundis), affamato alla Steve Jobs così tanto che continua a mangiarsi le parole, riesce a polemizzare persino sul vuoto pneumatico sparando a zero sulla Croce Rossa, cioè sullo smarrito Giannini che, colto in fallo, riesce a superare tutti in retromarcia facendo il famoso “passo indietro” per cadere in diretta e come una pera bacata nelle amorevoli braccia del PD (Partito Destrorso). C’è la volta del democristiano che gira e rigira riesce a non dir nulla neanche stavolta (e dunque anche per questo socialmente nonché politicamente pericoloso viste le sue buone probabilità di successo in questa città divano-munita); e, novità assoluta nel panorama galatinese, il Niente a Cinque Stelle (anche e soprattutto sul mega-porco: che tristezza). Insomma, l’unica che ancora una volta ne esce con le ossa integre è la Roberta, la candidata che predica benissimo ma razzola come cazzo vuole lei.
Di questa trasmissione televisiva, ricettacolo di imbarazzi, rimane ormai solo questa foto emblematica gentilmente estrapolata dal profilo della Sindaco Daniela Sindaco. E’ l’abbraccio della morte alla città di Galatina, il mastodontico inciucio, l’asse destra-centro-destra, l’imbroglio elettorale, il partito unico del comune altrimenti detto delle larghe intese. In parole povere, le grandi scemenze.
Antonio Mellone