Anche il presepe vivente di quest’anno, giunto alla sua settima edizione, a detta di molti, è stato straordinario. E bellissimo.
Il gruppo dei ragazzi denominato “Presepe vivente Masseria Colabaldi” è evidentemente attrezzato per migliorarsi di presepe in presepe, anzi di miracolo in miracolo.
Sì, perché è un vero e proprio miracolo natalizio quello di superare se stessi; valicare un ostacolo e subito dopo trovarne ancora un altro (non sia mai di percorrere una strada larga e in discesa, nossignore: sempre stretta, impervia e possibilmente in salita); creare una comitiva di amici che ancor oggi scommettono su dialogo, solidarietà reciproca, condivisione, convivialità (e ci mancherebbe), e soprattutto gratuità, schiettezza, stima vicendevole, e accoglienza (quest’anno, per dire, il presepe di Noha è diventato oltretutto multicolore, multietnico e, perché no, anche multi-religioso, vale a dire ecumenico, con i due nuovi amici nonché attori provenienti rispettivamente dal Senegal e dal Ghana, uno di lingua francese e uno di lingua inglese).
Il presepe vivente di Noha diventa così sempre più terreno comune, cemento sociale, sfida comunitaria, forza popolare, passione di un gruppo di folli innamorati dell’arte (arte povera, purtuttavia ricchissima), e sedotti dalla cultura e dalla Storia locale, frazione nobile della più ampia Storia globale.
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Giuseppe Cisotta l’altra sera mi diceva: “Per favore, scrivi un articolo per ringraziare tutti?”.
Certo, Giuseppe, lo scrivo, eccome.
Ma non posso mettermi qui a elencare tutti quelli che vorresti nominare tu, uno per uno, sennò davvero arriveremmo fino al Natale del 2017. E poi, con la memoria che mi ritrovo, rischierei di lasciarne qualcuno per strada, e sarebbe un bel peccato.
Allora, sì, ringraziamo chi si è speso per mesi, sfidando freddo, gelo e quest’anno anche la neve, e con orari incredibili che talvolta e per qualcuno sono coincisi con quelli della sveglia mattutina; ringraziamo chi ha pensato e realizzato un set perfetto per un teatro natalizio tra i più graziosi del Salento.
La gratitudine va dunque a tutto lo staff (senza tralasciare ovviamente i familiari – pazientissimi - dei componenti di questo benedetto staff), e poi certamente ai superlativi attori, ai tecnici, ai vigilanti, a chi ha provveduto al bestiame per lo zoo del presepe, a chi lo ha curato giorno e notte, a chi si è occupato della comunicazione (dai manifesti, ai comunicati-stampa, ai video e alle fotografie), a chi ha dato una mano in termini di idee, risorse, contributi, e, non ultimo, anche di critiche (in effetti, che gusto ci sarebbe a fare cose meravigliose senza manco una disapprovazione o una censura).
Un grande ringraziamento va anche a tutti i visitatori provenienti da ogni landa italiana ed estera: congratulazioni per averci scelto.
Bisogna ringraziare infine anche quel pezzo di Storia patria che è la scenografia naturale di questa Rinascita nohana: il parco del Castello e il suo boschetto che profuma di zagare, la fontana ellittica, l’affresco di Albino, le cantine del brandy, e l’angolo più romantico e grazioso del mondo: quello della torre medievale con il suo dirimpettaio ponte levatoio: i due incantevoli rugosi beni culturali di Noha che, sfidando i manrovesci del tempo e le amnesie umane, sembrano voler resistere imperterriti ancora per un altro po’.
Giusto il tempo d’insegnarci, se possibile, a diventare una comunità migliore.
Antonio Mellone