Il percorso per andare al Camposanto? UN VERO DISASTRO!
Si, cosi mi è girato, li ho voluti proprio contare. Si, sono cento i passi che separano il cartello del benvenuti a Noha, dal viale d'ingresso al camposanto. Parrebbe inappropriata la relazione che c’è fra i “cento passi” che vanno dalla casa di Nino Impastato a quella de lu zù Tanu (nel film di M.T. Giordana), e i nostri cento passi. Lì, nel caso d Nino Impastato, si parla di mafia, qui invece di qualcosa di molto simile: si parla di ignavia, di indifferenza, di remissione di coscienza. Il risultato non cambia: la gente onesta subisce la volontà di chi non lo è. Ovviamente qui si sta parlando di onestà intellettuale. Quella cosa che non dovrebbe essere un optional, ma uno stile di vita di ognuno, un insegnamento ricevuto e dato. E se nei casi di mafia a volte ci possono essere degli indiziati “innocenti”, nel nostro caso no, sono (o siamo) tutti colpevoli. Colpevoli quelli come il sottoscritto che ogni tanto ritornano e gridano senza la giusta impetuosità. Sono colpevoli quelli che tacciono. Colpevoli quelli che predicano di tutto meno che la ribellione alle offese e pretendere il diritto alla dignità. Colpevoli quelli che hanno il dovere di curarsi del bene comune e invece si fanno i “beni” loro.
Le persone che semplicemente preferiscono andare al camposanto a piedi, oppure in bicicletta, corrono oltretutto molti rischi. Quindi ho voluto provarlo anch’ io questo benedetto rischio, tenendo la destra, come detta il codice stradale.
Ecco come si presenta la situazione:
fino all'altezza della chiesetta della Madonna del buon Consiglio non ci sono problemi, sembra di stare in una city conforme ad uno stile architettonico che non ci appartiene. Tranquilli, comunque sono solo poche decine di metri. Ma qui si scende di livello, e da un marciapiede largo tre metri in cui ci stavamo scialando nella comodità, ci imbattiamo in un'orribile barriera arrugginita che mi ricorda tanto i viadotti della basentana, una sconquassata provinciale che da Potenza traghetta fino allo sbocco sullo Jonio.
Qui, invece siamo a Noha, frazione di Galatina, fantomatica città dei vini e della cultura e quando si dice “cultura” uno non si aspetta un degrado simile. Ma tant’è. Per proseguire quindi ci tocca scendere in strada, dove Il rischio di rimanere spiaccicati contro le lamiere del paracarri è altissimo.
A meno di non passare all'interno del campo. E qui sorge un'altra questione. Ve lo ricordate il viale alberato di eucalipti che negli anni sessanta e settanta del secolo scorso abbellivano via Aradeo? Le loro alte fronde davano al paese l'aria di un verdeggiante giardino. Abbellivano anche quella landa oggi smattonata e in perenne attesa della ristrutturazione, la piazzetta che corrisponde al nome di Piazza Ciro Menotti, quella che ospita una delle tante vergogne di questo strampalato gusto alla magnesia San Pellegrino: il monumento dedicato ai caduti.
Abbellire? Ma che mi viene in mente!
Ora in via Aradeo, che a dire il vero bisognerebbe chiamarla via “BaraDeo” tanta è la desolazione, di eucalipti ne sono sopravvissuti diciotto, di cui un paio sono solo due monconi spelacchiati.
Se resistono ancora un decennio, festeggeremo il secolo. Così a colpi di Cento faremo l’ambo. A questo punto, per tornare al nostro itinerario, conviene avventurarsi dal lato opposto della via, contravvenendo in una doppia infrazione: attraversamento senza strisce pedonali e percorso contromano. A Noha questo e altro.
Diciamo che con un discreto equilibrio riusciamo a illuderci di camminare in una fascia di sicurezza in cemento ruvido “sbattuto alla carlona” larga circa 40 cm.
Semmai fossi in compagnia è d'uopo la fila indiana, chiaro? Siamo a Noha ma è consigliabile fare l'indiano o il portoghese, come ci pare. C'è l'imbarazzo della scelta. Purtroppo terminata la striscia di sicurezza limitrofa a quell'altra cattedrale nel deserto che è la sede COOP, finiamo di camminare. L'ultima opportunità sono le ali. Mi guardo intorno desolato e provo il tipico senso di colpa, anzi di vergogna: ruggine, sterpaglie e un incomprensibile groviglio di barriere, sono lo scenario in cui sovrasta impotente (e non imponente) il cartello che segnala l'inizio del centro abitato: “Benvenuto a Noha, il paese dei cento passi e del bingo assicurato. Amen”.
Marcello D’Acquarica