Guarda bene questa foto. Abbi il coraggio di farlo. Mi è morto un figlio. È un bambino siriano quello che vedi. È lì, senza vita, su una spiaggia turca, nei pressi di Bodrum. Quel bambino sarebbe potuto essere anche tuo figlio. Non bisogna pensare che questo non è un problema nostro. Su quella spiaggia non è morta solo una creatura innocente, ma è morta tutta l’umanità. E nel vedere quella foto, io provo un senso di rabbia che a fatica riesco a controllare. È morto un figlio di Noha. Quel corpicino che vedi lì, senza vita, non è uno sconosciuto. Lascia stare per adesso tutte quelle polemiche con cui il politico di turno si trastulla in qualche trasmissione televisiva sul tema dell’immigrazione. Qui si piange la morte di un figlio, di tuo figlio. Io non sono solito lanciare iniziative. Ma vorrei che la tua voce, da cittadino nohano, si unisse alla mia per gridare al nostro governo, a tutti i governi del mondo, che noi non vogliamo essere complici di questo crimine. Purtroppo immigrazione non è sinonimo di PIL o di spred, ma questo, quel piccolo bambino, non lo sa. Me lo dici tu qual è il senso di questa morte? Perché io senza una risposta non riesco più a dormire. Non sono uno da lanciare appelli, ma la mia coscienza, questa volta me lo impone. E poiché questa non deve passare come una notizia break tra l’immagine di Belen che si diletta a suonare con la chitarra, la Durso che cade dalle scale e il piagnisteo per la Juventus che ha perso due partite di fila, invito tutti quanti voi a stampare la foto di questo bambino. Stampate anche questo mio invito, cari lettori, se volte. Consegnate la foto ad ogni esercizio pubblico di Noha perché vi sto esortando ad osservare un lutto cittadino. Andate dal parroco, don Francesco, e dite che venerdì 11 settembre, alle ore 10:00, faccia suonare le campane. E tutti quelli che sentiranno suonare, dovunque si trovino, osservino cinque minuti di silenzio, pregando in cuor proprio per quel bambino, per tutti quei bambini, per tutte le donne e gli uomini che hanno perso la vita cercando la libertà. Fate una preghiera venerdì 11 settembre alle ore 10:00 per tutti coloro che, rischiando la loro vita, lasciano la loro patria e i loro cari alla ricerca della loro terra promessa. E chiedete scusa a questo mio figlio, anche se delle scuse non sappiamo che farcene Estendete questo mio invito anche alla città di Galatina. Perché qui è di mio figlio che si tratta. È tuo figlio che è morto su quella spiaggia e noi non siamo stati in grado di impedirlo. Non siamo stati capaci di salvare la vita a un piccolo innocente e a Dio questo, come molte altre tragedie causate dalla nostra ipocrisia, non andrà giù. Abbiamo lasciato che un piccolo figlio di Dio morisse lì, senza i suoi genitori, bagnato da un mare che forse sin dalla nascita non aveva mai visto. Non deve accadere mai più, perché già questo io non posso perdonarmelo. Ora, figlio mio, gioca con Dio lassù perché quello è l’unico Padre che non ti abbandonerà mai. E implora a Dio perdono per noi che facciamo finta di non sapere ciò che stiamo facendo.
Fabrizio Vincenti