Scrive Zygmunt Bauman: “Nel mondo post moderno non c’è posto per la stabilità e la durata, l’apparenza prevale sulla sostanza, il tempo si frammenta in secondi o in episodi. La salute diventa fitness, la massima espressione di libertà è lo zapping. Per impedire che si diventi stranieri anche di noi stessi è giunto forse il momento di guardare a nuove strategie di vita.”
Non so bene a quali strategia si riferisca l’autore, ma a me pare che sia sufficiente guardarsi indietro, e riprendere semplicemente la strada di casa, recuperando la saggezza e il buon senso dei nostri padri che hanno saputo lasciarci integri la terra che noi invece stiamo uccidendo.
Oggi viviamo in un clima di assedio della paura, in una condizione d’incertezza. Ci viene garantita solo la libertà senza limiti al capitale e alla finanza a scapito di tutte le altre libertà, allo smantellamento delle reti sociali di fiducia costruite e sostenute collettivamente. Questa pseudo-libertà ci porta soltanto verso la possibilità dell’arricchimento personale ed economico, creando nuovi poveri a cui andiamo ad associare l’offesa della dignità umana. E purtroppo nell’attuale idea di legge del lavoro, per esempio, non si contempla il diritto all’attenzione e al rispetto dei meriti acquisiti. Può tutto svanire bruscamente senza preavviso. Quando conviene al potere, e pure “costituzionalmente”. Non esistono quasi più tutte quelle reti sociali, quali il sindacato degli anni ’50, dove si poteva trovare rifugio, o hanno comunque subito un notevole indebolimento. Tutto è pervaso dallo spirito dominante del consumismo che identifica nell’altro solo un potenziale mezzo per ottenere potere. Se un tempo si cercava la certezza ora la regola è l’azzardo, mentre l’assunzione dei rischi prende il posto dell’obiettivo da raggiungere. Ecco, il fine che giustifica i mezzi.
Ma la cosa più triste è che i popoli “d’oltre consumismo” stanno cadendo anch’essi nella trappola, e il sommovimento che ne deriva non solo li deluderà ma porterà solo nuove miserie.
La difficoltà nel gestire una solida struttura comunitaria, si inasprisce con la eradicazione dalla terra d’origine. Senza batter ciglio ci ritroviamo tutti a vivere l’esperienza di essere straniero.
Straniero è ciascuno di noi appena esce di casa, poiché in città ciascuno è straniero. La libertà senza comunità significa pazzia e la comunità senza libertà significa schiavitù.
Non c’è maggior calamità per i posteri che lasciare loro in eredità un incremento della popolazione di persone deboli di carattere, oziosi e criminali.
La morte costituisce lo scandalo della modernità, perché testimonia l’archetipo dei limiti delle potenzialità umane.
Ma i nostri sforzi zelanti sono ora indirizzati in una serie di direzioni dispersive e contraddittorie, così che ogni conquista dell’igiene e della sanità può essere interpretata paradossalmente come produzione di nuove sostanze tossiche e di nuovi pericoli. L’antrace sta all’ingegneria genetica, come la polvere da sparo sta alla bomba atomica.
Così il benessere (mal gestito e portato all’esasperazione) sta all’inquinamento come il progresso sta al cancro.
Marcello D’Acquarica