La Curemma e altre tradizioni
Si sa che la Quaresima è un tempo speciale dell’anno liturgico detto “tempo forte” che ci prepara alla festa della Pasqua. Intorno ad essa si sono sviluppate lungo i secoli pie pratiche e si sono aggiunte manifestazioni popolari.
I 40 giorni
Intanto è bene precisare che non sempre è stato così. Infatti fino al IV secolo la Quaresima era fissata non in 40 ma in 36 giorni. Verso la fine del IV secolo si arrivò fino a 6 settimane di preparazione e nacque così il termine di "Quadragesima" che indicava i 40 giorni di penitenza che si concludevano con il Giovedì Santo. Verso la fine del V secolo ebbe inizio la celebrazione del Mercoledì delle Ceneri. Nel VI secolo si giunse a sette settimane e si parlò di "Quinquagesima" e nei due secoli successivi si aggiunse la "Sessagesima” e la "Settuagesima". Le settimane di Settuagesima, di Sessagesima e di Quinquagesima sono state poi abolite della riforma liturgica entrata in vigore con il Concilio Vaticano 2. Quando c’erano queste settimane prima della quaresima, era un po’ come una preparazione. La chiesa voleva quasi dirci che la quaresima era vicina. Era come un periodo di propaganda. Si sa che la propaganda è ed è sempre stata importante nel campo politico, economico ecc. Anche la chiesa ci faceva vivere quasi come un periodo di propaganda, per non arrivare all’improvviso nel periodo di penitenza che era la quaresima.
Le quarantore
Un’altra caratteristica della quaresima era ed è la solenne celebrazione delle “Quarantore”. In molte parrocchie questa pia pratica si svolge tuttora nei tre giorni a cavallo fra gli ultimi di Carnevale e l’inizio della Quaresima e ormai anche a date diverse. Tale pratica risale al 1527 istituita da San Carlo Borromeo a Milano. Da allora trovò attuazione da parte delle Confraternite laicali e nelle Chiese parrocchiali. Si diffuse in Italia a partire dal XVI secolo per opera di un frate cappuccino, il santo fondatore dell'Ordine dei Barnabiti S. Antonio Maria Zaccaria e di Sant'Ignazio di Loyola, fondatore Gesuiti.
Secondo una ipotesi antica le "Quarantore" deriverebbero dalla pratica di veglia, (dal Venerdì Santo alla Notte di Pasqua) davanti al “Sepolcro” in cui era stata deposta, in una struttura chiusa dotata di porta, l'Ostia consacrata, dove gruppi di fedeli si alternavano in preghiera per un periodo di 40 ore.
Il quaresimale
Altra caratteristica della Quaresima del passato era quella di far tenere in Chiesa parrocchiale un ciclo di prediche di 40 giorni da un sacerdote forestiero. Erano i tempi in cui non c’era la TV e neanche la radio, perciò la gente era libera da ogni distrazione. Tutti ogni sera andavano per ascoltare il Padre Predicatore: era il “quaresimale”. Se qualcuno non partecipava era ritenuto come un miscredente. Da questa esperienza è nato l’episodio, che ha fatto poi il giro del mondo come una barzelletta. In un paese qualunque, durante una Quaresima alcune donne colsero l'occasione della presenza del predicatore forestiero per confessarsi. Così al confessore dicevano per di più in dialetto: “Padre mio, ho scivolato”, per indicare il peccato di adulterio. Il prete non capiva perché credeva che si riferissero allo scivolamento per strada, e invece si trattava di un peccato di infedeltà coniugale. Così, l'ultima sera della sue prediche, il frate raccomandò agli amministratori pubblici una maggiore cura nella manutenzione delle strade, aggiungendo che anche la moglie del sindaco era scivolata. Si avvertì un gran brusìo. Il sindaco, adirato, si rivolse alla moglie che gli stava accanto e le disse: "Con te faremo i conti a casa". Fu così che nacque il detto: “Pure la moglie del sindaco è scivolata".
La domenica prima delle Palme si chiamava "delle Cruci cuperte”, perché in questa domenica si coprivano le sacre immagini e le Croci per dare inizio alla settimana di Passione. Le croci e le immagini dei Santi venivano coperte con un drappo viola che era poi tolto il Sabato Santo quando cadeva “lu mantu”.
La Curemma
Un’altra usanza apparsa in quaresima è quella della “Curemma”. Non so come avvenga adesso, ma ai tempi della mia infanzia si usava esporre sui balconi o sulle terrazze un fantoccio, simbolo dell’inizio della Quaresima e della fine del Carnevale. Il fantoccio raffigurava una vecchia brutta e magra, tutta vestita di nero in segno di lutto per la morte del Carnevale. Nella mano destra aveva un filo di lana con un fuso, simboli della laboriosità e del tempo che scorre e nella sinistra una arancia amara (marangia) con dentro infilate sette penne di gallina per quante erano le domeniche mancanti dalla Quaresima alla Pasqua. L'arancia amara (marangia) con il suo sapore acre rappresentava la sofferenza e le sette penne una per ogni settimana di astinenza e sacrificio che precede il giorno di Pasqua. Ad ogni scorrere di settimana si toglieva una penna. Alla fine del periodo, ormai esaurito il filo da tessere, con l'arancia amara (marangia) secca e le penne esaurite, la curemma veniva rimossa dal terrazzo e appesa ad un filo su un palo. Una volta, quando la Pasqua di Resurrezione si celebrava il sabato santo, nel momento che cadeva lu mantu e il suono delle campane annunciava la Resurrezione, veniva bruciata con scoppi di mortaretti tra l’allegria di tutti e con il fuoco iniziava il periodo della purificazione e della salvezza. Oggi questo ultimo atto a Noha avviene il giorno di pasquetta, dopo la cuccagna, quando c'è ancora la folla che si accalca per quest'altro "rito".
La tradizione alimentare del periodo Quaresimale era caratterizzata da grande moderazione: infatti venivano eliminati dalle tavole la carne, le uova, latticini e derivati. Sulla pasta, invece del formaggio grattugiato si metteva pane grattugiato. Tali privazioni terminavano durante la Settimana Santa quando si preparavano i dolci tipici pasquali, tra questi la "Cuddhrura", dolce di forma circolare, con dentro uova sode con il guscio, che i fidanzati regalavano alla loro ragazza nel giorno della Resurrezione.
P.Francesco D’Acquarica
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