Che ingenuo che sono. Pensavo che il capitolo del mega-porco (ho già detto altrove che non mi riesce proprio di appellarlo mega-parco) e dunque della violenza che si vuol perpetrare con altro cemento nell’amena campagna di Collemeto fosse archiviato una volta per tutte. Mi sbagliavo di grosso. Pare che navigatori sotterranei conto terzi stiano ancora brigando per riportare all’ordine del giorno questa “opportunità anticrisi”.
Da qui a qualche giorno temo che si sarà costretti ancora una volta a sentirne parlare enfatizzando - di un centro commerciale - le magnifiche sorti e progressive in termini di “volano” e “ricadute” per l’occupazione di chi di speranza vive e dunque per definizione disperato muore (e tra collemetesi e tifosi dell’onirico progetto s’annoverano circa 800 beoti martiri).
Orbene, si sarà costretti, noi altri (Tonino, Anita, Tommaso, Marcello, Alfredo, Oreste e compagnia bella prepariamoci) a caricarci la croce dell’improbo compito di scendere in piazza ancora una volta con le uniche armi di cui disponiamo, la pazienza e la ragione, per rintuzzare appena un po’ convinzioni e linguaggio di alcuni galatinesi folk (una minoranza, ma sempre troppi sono) che sembra che al posto della testa mossa in continua annuenza abbiano una betoniera.
Come già ampiamente documentato, la Pantacom srl è la società a responsabilità limitatissima che - secondo la lettura dei dati di bilancio che si evincono da una recente visura camerale, sostanzialmente identica a quella di qualche mese fa - dal punto di vista finanziario, patrimoniale e commerciale ha il valore del due di spade con briscola a bastoni, ergo assolutamente non in grado di dare al Comune di Galatina ed agli attendenti di complemento uno straccio di garanzia (lemma ignoto, quest’ultimo, alle parti in causa) sui suoi megagalattici business-plan che, oltretutto, visto che risultano “inaccoglibili”, si dice siano redatti con i piedi.
Come arcinoto anche agli svampiti di professione, la Pantacom è una società della galassia Perrone, la famiglia del sindaco più amato dai suoi sudditi leccesi - felici di esserlo - e presumibilmente anche da molti galatinesi, soprattutto i politici della minoranza, inclusa probabilmente anche quella extraparlamentare, cioè trombata alle ultime comunali. La quale insiste nell’inviare ai siti internet locali ed al povero “Quotidiano di Lecce” i propri capolavori di letteratura altrimenti detti comunicati-stampa (d’altronde prontamente pubblicati, evidentemente in mancanza d’altro e soprattutto di giornalisti).
Ma purtroppo questi ultimi soggetti sono in buona compagnia. A codesti estimatori dello scempio della prima ora bisogna aggiungere i nuovi dell’ultima, rappresentati nientepopodimeno che da una bella fetta della maggioranza del governo cittadino che – rispondendo ai ragli in libertà - sembra credere ancora agli asini che volano sebbene “a determinate condizioni”.
Pare che dal vocabolario di questa variegata maggioranza manchi il coraggio di proferire un NO secco ed incontrovertibile alle sirene d’Ulisse, sia per mancanza di coraggio sia forse e soprattutto di basi culturali fondate sul sacrosanto principio dello “STOP AL CONSUMO DEL TERRITORIO”. E non s’accorgono che in tal modo stanno trasformando a velocità supersonica una città d’arte in una città del cemento (da Galatina a Cementina) ed un suo graziosissimo borgo rurale ed artigiano in un ghetto-parcheggio periferico con la benedizione di alcuni fra i suoi abitanti (che in tal modo sembra vogliano ribattezzare la loro patria cambiandone il nome da Collemeto in Follemeto).
Purtroppo qui si continua a parlare di comparti in contrada Cascioni, di circonvallazioni, di capannoni, di milioni, insomma di paroloni cogli “oni”, e si trascura l’arte, i beni culturali, l’ambiente, il suolo, il commercio equo e solidale, lo sviluppo sostenibile, la salute. Il tutto in nome degli stucchevoli ritornelli per allocchi fatti di “volano per lo sviluppo” e di “ricadute occupazionali” (quando non elettorali).
Se tutto questo non fosse davvero tragico sembrerebbe di essere nel bel mezzo di uno spettacolo di Pantacomiche.
Antonio Mellone
P.s.
Caro dott. Serravezza, parli ai sordi. Qui fingono di ascoltarti e addirittura di darti ragione nei convegni, ma poi gli interessi miopi e spiccioli prevalgono su tutto, anche sulla salute e sul benessere vero.