feb202025
Ci sono molti uomini che tentano per tutta la vita di diventare delle leggende, senza riuscirci, e altri che lo diventano senza volerlo. Don Donato (per le leggende non serve il cognome) rientra nel secondo insieme.
Chi fa parte dell’ampia categoria degli anta, porta con sé un ricordo di lui, un detto, un aneddoto personale. Io, avendo vissuto accanto a lui almeno un’ora al giorno per non so quanti anni, di ricordi, detti e aneddoti ne conservo moltissimi, anche se la memoria comincia a fare brutti scherzi.
Nell’occasione del decimo anniversario della sua morte, la bruta realtà che quotidianamente sbeffeggiava, ma con profondissimo rispetto cristiano, vi potrei raccontare di un’immancabile borsa d’acqua calda arancione sulle sue ginocchia d’inverno o della sua testa china su registri di matrimoni, funerali e battesimi, che solcava con ampi gesti, come se stesse ancora scrivendo con un calamaio; della sacra cerimonia del tè, servito ogni giorno nel suo studio, sempre alla stessa ora, dalla cara Antonietta; della paghetta distribuita il sabato alle decine di chierichetti, dopo aver consultato scrupolosamente il “libro paga”, sempre arrotondando per eccesso l’importo: era l’epoca delle lire, quando anche un bambino poteva considerarsi ricco andando ad un paio di funerali e a tre o quattro messe (ricordo ancora le singole voci dello stipendio: 500 lire a messa, 2000 a funerale, 1500 a matrimonio e 1000 lire a processione). Per farvi capire, io a quell’epoca racimolavo quasi diecimila lire a settimana: un patrimonio per me a quell’età. No, don Donato non era tra gli avari.
“Nomen omen” dicevan i latini. Nel suo caso i latini sapevano quel che dicevano.
Don Donato è stato un dono per me, per Noha e, soprattutto, per la Chiesa. Vi potrei raccontare del rito del lavaggio delle mani, quando si faceva bagnare appena le unghie dall’acqua dell’ampollina, o del vespro, recitato sulla sedia della sagrestia, curvo sul breviario, con la punta del naso a sfiorare le pagine sottilissime. Vi potrei far ricordare delle sue lunghe risate singhiozzate o della minuziosa liturgia della pulizia degli occhiali. Delle battute sui comunisti e sui fascisti un minuto prima della messa, solo per infastidire il buon Lino Mariano. Del sarcasmo unico come linguaggio di comunicazione tra lui e Antonio Guido. Della luce nei suoi occhi quando vedeva le sue sorelle o i suoi nipoti Antonio, Bruna... Del rispetto e della stima che aveva per Emanuele, che ancora doveva diventare don. Delle risate cinematografiche quando si presentavano al suo cospetto Antonio Patriarca o Sergio Vincenti. Dei picozzi come unico rimedio per far imparare a memoria le cose di Dio. Delle privatissime riflessioni sulla storia, la teologia, la Chiesa o sugli argomenti trattati da L’Osservatore Nohano nel suo studio sotto casa, al civico 3 di piazzetta Trisciolo.
Non voglio, però, fare l’elenco di quelli che, orbitando intorno a lui, come me, hanno fatto parte di una storia che oggi, appunto, non è che una leggenda. Rischierei di dimenticarne troppi, anche se, vi assicuro, lui, lassù, ci ricorda tutti.
Qui, però, è di don Donato che mi era stato chiesto di scrivere, e allora lo farò raccontandovi in due righe una sola cosa che lui ha fatto per più di mezzo secolo, ogni giorno, e dal quale gesto avrei voluto imparare molto di più.
Tra i paramenti sacri che il sacerdote indossa - o meglio, indossava, visto che oggi si usa sempre meno - vi è un quadrato di lino con due lunghi lacci che si mette a coprire collo e spalle, come una sorta di scapolare, prima di indossare il camice. Si chiama amitto. Ha la sola funzione di coprire il collo per una questione di dignità e di rispetto verso Dio, salendo sul suo altare. Dignità e rispetto, appunto, vale a dire quello che manca un po’ dappertutto, anche nella stessa Chiesa. Ecco, voi avreste dovuto assistere a questo gesto, di come lui ogni giorno si faceva posare quel tessuto sulle spalle, per poi legarselo intorno ai fianchi. Avreste dovuto contemplare la sacralità con cui indossava l’amitto.
Come un guerriero che indossa l’armatura prima della battaglia più importante della sua vita; come un servo si cinge i fianchi col grembiule, per non imbrattare l’unico vestito che possiede; come un pastore che si carica in spalla la pecora zoppa. Da come lui indossava l’amitto, io avrei dovuto imparare di più: come rimanere saldo davanti alle tempeste della vita, per esempio; come restare umile quando i torti fatti e subiti ti gonfiano d’orgoglio, impedendoti di risolvere anche le questioni più semplici; come avere cura dei dettagli, o come tentare di trasformare in sacro ogni sorta di sozzeria profana. Queste cose lui le sapeva fare benissimo.
Tra i tanti volti di quelli che hanno varcato il fiume del tempo, c’è lui. Ne conservo sempre la foto, anche se è quella usata per la sua lapide. Tra tutte preferisco quella sulla sua tomba, per non scordarmi che i ricordi, una volta, sono stati realtà, vale a dire la nostra stessa vita.
È stata la parte più bella, quando a ridere eravamo in tre: io, te, don Donato, e Quello lassù, di cui, per rispetto, non serve pronunciarne il nome. Oggi rido sempre meno e, non ti nascondo che, qualche volta, ti vedo ancora in sogno.
Se mi chiedessero quali sono i motivi per cui varrebbe la pena tornare indietro nel tempo, don Donato sarebbe tra questi. La verità è che io e lui siamo rimasti lì, dietro quell’altare parrocchiale, e che lì noi stavamo benissimo in quanto è l’unico posto dove due come noi, a quell’epoca, potevano stare. Da lì potevamo guardare contro-verso.
Ora pensiamo di andarcene in giro, lui lassù per i cieli, ed io ancora quaggiù tra gli inferi, sentendo ancora, di tanto in tanto, le sue fragorose risate.
Fabrizio Vincenti
feb202025
Il Circolo Tennis «Giovanni Stasi» di Galatina, già conosciuto per la sua eccellenza nell’ambito sportivo e per l’ospitalità degli appassionati di tennis, si prepara a fare un importante passo verso l'innovazione e l'ottimizzazione delle sue strutture. In risposta alle crescenti esigenze degli atleti agonisti, il Circolo ha deciso di creare una palestra all'interno della propria sede, un luogo dedicato agli allenamenti mirati e alla preparazione fisica, che potrà dare un ulteriore impulso alle prestazioni dei suoi tesserati.
La palestra, realizzata direttamente dal maestro nazionale Donato Marrocco, allenatore nonché capitano della squadra maschile che milita nel campionato di serie B, e dall’istruttrice di pilates Alessandra Quarta, è stata attrezzata al primo piano all'interno del Circolo Tennis e sarà un complemento fondamentale per gli atleti agonisti che desiderano migliorare le loro capacità fisiche e atletiche. Non solo tennis, quindi, ma una preparazione globale che include esercizi di resistenza, forza, mobilità e agilità. Questi allenamenti, affiancati alla tecnica sportiva, sono essenziali per sviluppare un fisico competitivo e per prevenire infortuni, spesso causati da un allenamento monodimensionale.
Oltre agli agonisti, tutti i soci, ed anche non soci, potranno fruire dei vari corsi e attività coordinate da Alessandra Quarta, istruttrice di fitness, yoga e pilates.
«Questa iniziativa non solo risponde alle necessità immediate degli atleti – afferma Marrocco - ma rappresenta anche un passo importante nella crescita del Circolo Tennis di Galatina come punto di riferimento nel panorama sportivo regionale. Ringrazio il presidente Giovanni Di Lorenzo e tutto il consiglio direttivo per l’opportunità concessami di realizzare il mio progetto. La palestra fornirà anche la possibilità per tutti i giovanissimi tennisti di svolgere all’interno la preparazione atletica che sinora veniva svolta fuori, soprattutto nei mesi invernali. Il circolo tennis, oltre ad aver aumentato il numero di atleti agonisti, ha visto una crescita delle giovani leve, grazia anche al progetto Racchetta in classe realizzato con gli studenti del Polo 1 di Galatina e Collemeto».
Con la creazione della palestra, il Circolo Tennis «G. Stasi» guarda al futuro con ottimismo, mirando non solo a migliorare le performance sportive, ma anche a sviluppare una cultura dell’allenamento e del benessere che si estenda a tutte le categorie di tesserati, dai più giovani agli adulti. La nuova struttura rappresenta una grande opportunità per la comunità locale e per il mondo dello sport in generale, rafforzando il legame tra il Circolo e il territorio, spingendo sempre più persone ad avvicinarsi ad uno sport il cui movimento a livello nazionale è cresciuto tantissimo anche grazie ai successi di tennisti come Sinner, Sonego, Berrettini, Musetti, Paolini, Errani e tanti altri campioni.
feb192025
Quando don Donato Mellone lasciava questo mondo, il 21 febbraio 2015, io ero un giovane in discernimento vocazionale presso il Pontificio Seminario Regionale Pugliese “Pio XI” di Molfetta. Ricordo bene che era sabato sera quando mi raggiunse la notizia della sua morte, mentre, in una parrocchia di Mola di Bari, stavo vivendo, come in ogni fine settimana, l’esperienza del “tirocinio pastorale”. Non esitai neanche un istante a chiamare l’allora rettore – oggi arcivescovo metropolita di Catania – mons. Luigi Renna, per chiedergli il permesso di partecipare, il giorno seguente, ai funerali di don Donato nella mia comunità di origine, Noha.
Molto tempo dopo, don Luigi mi confidò che gli era bastato solo sentire il mio tono di voce, nel corso di quella breve telefonata, per convincerlo a dare subito il suo assenso alla mia richiesta, comprendendo immediatamente quanto fosse importante per me partecipare alla celebrazione esequiale del mio primo parroco. Ed era proprio vero!
Desideravo con tutto me stesso esserci, in quella eucaristia che mons. Negro presiedette nella nostra chiesa madre di Noha domenica 22 febbraio 2015, quasi come estremo – ma non ultimo – omaggio verso un uomo e un presbitero che, con la semplicità della sua testimonianza, mi aveva in qualche modo accompagnato nei primi passi del mio itinerario verso il ministero ordinato; percorso del quale egli, con sguardo discreto e paterno, aveva potuto contemplare con gioia almeno i primi timidi frutti, manifestandomi sempre grande attenzione, cura e stima.
Tante volte, poi, soprattutto nel periodo più prossimo alla mia ordinazione diaconale e presbiterale, sono ritornato sulla tomba don Donato nel cimitero di Noha, sia per elevare al Signore la mia preghiera per lui sia per chiedere a quell’anziano sacerdote, ora vivo per sempre in Dio, di ricambiare ancora e per sempre il piccolo e doveroso dono di quella mia visita e del mio affetto sincero attraverso la sua preghiera offerta al Padre per me e per il mio ministero incipiente.
feb192025
Martedì 18 febbraio 2025, il dott. Mario Bisconti, fondatore dell'Associazione A-MARED (Associazione per la prevenzione e lo studio delle MaRe, ovvero malattie respiratorie da droga), ha incontrato gli studenti delle classi terze della Scuola Secondaria di I grado "Giovanni XXIII" di Galatina. Questo incontro è stato inserito all’interno del progetto educativo e di sensibilizzazione volto a combattere il consumo di sostanze stupefacenti e a promuovere il benessere psicofisico dei giovani.
Durante il suo intervento, il dott. Bisconti ha illustrato i pericoli legati all’abuso di droghe, concentrandosi in particolare sulle malattie respiratorie, un tema troppo spesso trascurato nei discorsi legati alle dipendenze. Il dottore ha sottolineato come il fumo di sostanze stupefacenti, come la marijuana e altre droghe inalabili, possa danneggiare gravemente i polmoni, portando a malattie croniche che compromettono la qualità della vita. Inoltre, ha discusso delle implicazioni del consumo di droga sul benessere mentale ed emotivo, un altro aspetto spesso ignorato quando si parla di dipendenza.
Il progetto A-MARED, che coinvolge scuole e associazioni locali, mira a sensibilizzare i ragazzi sull'importanza di una vita sana, senza ricorrere a soluzioni dannose per affrontare le difficoltà quotidiane. Il dott. Bisconti ha parlato anche del disagio giovanile, spesso correlato al consumo di sostanze, e ha suggerito alle giovani generazioni di cercare aiuto e di non sentirsi soli nelle difficoltà. Il suo messaggio è stato chiaro: "La salute è la nostra risorsa più preziosa, non lasciamola andare sprecata".
In un’atmosfera partecipata e coinvolgente, i ragazzi hanno avuto la possibilità di porre domande, esprimere dubbi e discutere su come affrontare le sfide quotidiane senza ricorrere a comportamenti pericolosi. Questo tipo di incontri, fortemente voluti dalla scuola e dall'Associazione A-MARED, si rivelano fondamentali per sensibilizzare i giovani sui temi della salute, del benessere mentale e della prevenzione.
Durante l'incontro organizzato dall'Associazione A-Ma-Re-D presso l'Istituto Comprensivo Polo 3 di Galatina-Noha, un intervento di particolare rilevanza è stato quello del Luogotenente dei Carabinieri in quiescenza, De Luca. Con la sua esperienza pluriennale nel contrasto alla criminalità e alla diffusione delle sostanze stupefacenti, De Luca ha fornito agli studenti un quadro chiaro e dettagliato sulle implicazioni civili e penali legate al consumo e allo spaccio di droga tra i minori.
L'ex ufficiale ha spiegato come l'uso di droghe non sia solo un problema di salute, ma anche una questione giuridica che può avere gravi ripercussioni per i ragazzi e le loro famiglie. Ha illustrato i rischi connessi al possesso di sostanze stupefacenti, sottolineando che anche una piccola quantità può comportare sanzioni amministrative o, in caso di recidiva o di coinvolgimento in attività di spaccio, conseguenze penali gravi.
feb192025
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Vi voglio parlare di un piccolo gioiello del centro storico di Galatina, un locale di circa 16 mq. con la volta a stella dipinta da Pietro Della Gatta, posto nella centralissima via Vittorio Emanuele II al civico 10 a due passi da piazza S. Pietro. Il locale è posto di fronte al bellissimo palazzo dei Mezio proprietari del nostro piccolo locale in quella che era la strada dell’Orologio, una delle strade principali del centro storico. Di fronte all’ingresso del nostro locale la gloriosa pasticceria Ascalone e vico del Monte che ci ricorda la presenza del Monte di Pietà istituito proprio qui dai Cappuccini, in questa zona vivevano Saverio Della Gatta noto pittore con la moglie Capone Lucia ed il figlio primogenito Raffaele a sua volta padre del nostro Pietro Della Gatta che nasce in corso Porta Luce a Galatina nel 1888. Il dipinto della volta iniziato da nonno Saverio, poco prima di morire nel 1888, anno di nascita del nipote Pietro, venne poi ripreso e completamente terminato probabilmente tra il 1904 ed il 1906 da Pietro, in una delle sue prime opere firmata in età adolescenziale, ma presto questo tipo di impresa divenne la specializzazione di Pietro Della Gatta che insieme ad Agesilao Flora firmarono le migliori volte e soffitti di palazzi e chiese nel Salento. Il piccolo locale abbellito dalla maestria del nostro pittore, rimase in uso della famiglia Galluccio-Mezio fino al 1938, quando il signor Alberto Scarpa trasferì in questo locale la sua attività di merceria. Nel 1956 la figlia di Alberto, Edelweiss Scarpa, sostituì il padre nell’attività di merceria ed acquistò insieme al marito Luciano Palmisano dalla famiglia Galluccio-Mezio il locale. Mentre la merceria veniva portata avanti da Edelweiss Scarpa, il marito Luciano Palmisano si occupava di allietare con dolci note musicali le chiese di Galatina, infatti Luciano era l’organista ufficiale di tutte le chiese di Galatina, non c’era matrimonio od altra officiatura ecclestiaca senza l’accompagnamento del signor Palmisano che si ritirò in pensione negli anni 70′ dello scorso secolo. Proprio alla fine di quegli anni nel 1978 avvenne un altro cambio importante, proprio nel quarantesimo anniversario dell’apertura della merceria, la terza generazione, con Flavio Palmisano, figlio di Edelweiss e Luciano fa capolino nella gestione ed entra in scena prima come collaboratore familiare della madre e poi da solo, come oggi, a portare avanti il buon nome della merceria Scarpa. Flavio Palmisano laureato in legge, ma da sempre attratto dalla medicina, appena laureato, inizia a lavorare e a seguire la sua passione facendo l’informatore scientifico-medico. Poi interviene nella gestione ed ancora oggi che è in pensione apre e chiude il piccolo negozio di merceria creato dal nonno nel lontano 1938.
feb192025
Mercoledì 19 febbraio alle ore 16:30, nella Sala conferenze dell’ex Palazzo De Maria, in Corte Taddeo, avrà inizio il primo incontro del Corso, in due lezioni, di Digitalizzazione Finanziaria organizzato dal Lions Club Lecce Santa Croce, dal Lions Club Galatina Galatone Terre dell’Asso e il Leo Club Lecce Santa Croce in collaborazione la Sede di Lecce della Banca d’Italia.
Porgeranno il loro saluto il Presidente dell’Università Popolare, Mario Graziuso, il Sindaco di Galatina, Fabio Vergine, la Direttrice della Sede di Lecce della Banca d’Italia, Paola Ingusci e i Presidenti dei due Lions Club, Giuseppina Greco ed Eugenio Gioffreda Chetta.
L’introduzione ai lavori è affidata alla Referente Distrettuale Lions di Educazione Finanziaria, Maria Serena Camboa, mentre Giuseppina Carriero della Banca d’Italia presenterà il Corso e proporrà alcuni cenni sul conto corrente in generale e più in particolare si fermerà a chiarire alcuni elementi fondamentali relativi alla banca on line.
L’evento avrà anche uno sviluppo operativo che vedrà i partecipanti effettuare alcune simulazioni per mettere alla prova le conoscenze e competenze in ambito digitale, con riferimento ad operazioni di natura finanziaria.
feb192025
Dopo il grande successo dell’inaugurazione della Mostra "OLTRE", il 22 febbraio Palazzo Gallone ospiterà un evento esclusivo per imprenditori, collezionisti e professionisti, un’opportunità unica per approfondire il valore dell’arte contemporanea come asset strategico e culturale.
L’inaugurazione
L’evento del 15 febbraio ha suscitato grande entusiasmo tra collezionisti, esperti d’arte e istituzioni locali, tra cui il Sindaco di Tricase e il Vicepresidente di Confartigianato Imprese Lecce. La mostra Oltre - Un Viaggio di Metamorfosi ha reso l’arte contemporanea accessibile attraverso emozione e narrazione, offrendo un’esperienza immersiva e coinvolgente.
L’approccio innovativo della salentina Erika De Benedetto, destinato a farsi conoscere oltre i confini nazionali, trasforma ogni opera in un racconto visivo che parla direttamente al cuore del pubblico.
La presentazione del Curatore Andrea Biasci
Andrea Biasci, curatore della mostra e fondatore di Arte con il tuo Stile, un progetto che aiuta gli artisti a lanciarsi proprio partendo dallo stile, ha introdotto le opere con un linguaggio semplice e coinvolgente, facilitando una connessione profonda con il pubblico. "Le opere di Erika De Benedetto rappresentano un viaggio emozionale che cattura l'essenza della condizione umana", ha affermato. Uno dei momenti più intensi della serata, accolto da un applauso spontaneo, è stato l'incontro con Mare Disperato, opera che racconta con pennellate intense la tragedia di vite spezzate in mare, metafora della vita stessa tra fragilità e speranza.
La Mostra prosegue
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