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Registro comunale milanese delle unioni civili
Di Admin (del 30/07/2012 @ 22:34:32, in Un'altra chiesa, linkato 2730 volte)

Della vicenda che sta interessando animatamente il mondo politico milanese e il mondo ecclesiale ambrosiano, a proposito della istituzione del registro comunale delle unioni civili, mi appassiona in particolare lo scontro che si è verificato tra il Comune e la Curia.
Prima: la Curia “tettamartiniana” ha favorito l’elezione di Pisapia a sindaco di Milano: esplicitamente, attraverso alcune voci autorevoli, vedi don Virginio Colmegna, presidente della Fondazione Casa della Carità (istituzione voluta dall'ex arcivescovo Carlo Maria Martini), da anni impegnato in prima linea nella difesa delle fasce più deboli, dalle persone con disagio psichico ai rom.; o implicitamente, tanto che si era detto che una parte della Curia milanese, e perfino Tettamanzi, si auguravano la vittoria “arancione”, non solo per una svolta radicale che era necessaria, ma anche per il suo programma elettorale.
Ora: cambiato il Pastore, e cambiata l’aria in Curia, sempre pronta a servire il nuovo padrone, sembra che la Chiesa ambrosiana si sia uniformata alla linea vaticana. D’altronde, perché Angelo Scola è stato imposto a Milano da Benedetto XVI? Non sono l’unico a pensare che sia stato inviato a guidare la diocesi milanese anche con lo scopo di riequilibrare i rapporti tra Comune e Curia, visto che, precedentemente, Tettamanzi aveva preso posizioni nel campo sociale e politico, ma anche nel campo ecclesiale, un po’ troppo “squilibrate”. Pur frenato a dovere da monsignor Diritto Canonico e dai suoi scagnozzi. Si sa che, quando un cardinale esce dalle righe, più che difenderlo dagli attacchi dei reazionari o fondamentalisti, si cerca di difendere se stessi dal cardinale.
 
Per essere obiettivo, dico anzitutto che la Chiesa ambrosiana ha il diritto di dire la sua anche sul registro delle unioni civili, come aveva anche il diritto di dire la sua a proposito della elezione di Pisapia. Cerchiamo perciò di essere onesti intellettualmente. Non possiamo come laici gioire se la Chiesa prende posizioni sociali d’avanguardia, e poi prendercela se dice la sua sulle coppie di fatto. Può dire la sua, certo, senza però imporre ai suoi fedeli di pensarla allo stesso modo, senza perciò scomunicare nessuno. Sempre libertà di coscienza, sia per i politici di ispirazione cattolica sia per la stessa comunità ecclesiale. Libertà di coscienza!
Non entro nel merito della vicenda in corso, anche perché giustamente lascio libertà di scelta al campo politico, tuttavia vorrei dire semplicemente una cosa: al di là dei principi che convincono e non convincono, faccio appello al buon senso, che già presso gli antichi era la norma che aiutava a tradurre nella pratica le leggi generali. Non mi sembra che ci sia il rischio o il pericolo che si aprano porte e finestre a “oves et boves”, usando un’espressione latina. È solo capire che viviamo in un’epoca in cui non è più possibile distinguere nettamente tra l’ideale e il reale.
E qual è la realtà di oggi? La famiglia cosiddetta patriarcale? La “famiglia cattolica” del passato? Qui non si tratta di entrare nel merito dei valori. Neppure la Giunta Pisapia lo fa: non pone una questione di valori tra il matrimonio classico e la convivenza o il matrimonio tra gay. Pone solo una questione di diritti civili. Lo stesso Giuliano Pisapia, rispondendo alla Curia, esprime questo augurio: che il nuovo Parlamento che si insedierà dopo le elezioni del 2013 «riconosca giuridicamente le unioni civili, così come previsto dalla Costituzione e così come indicato dalla Corte costituzionale. Il nostro è anche un invito al nuovo Parlamento a prendere una decisione, in un senso o nell'altro. Non ci si può aspettare che questo Governo si occupi dei diritti civili, ma la coalizione che vincerà le elezioni dovrà occuparsene, e arrivare almeno a un livello europeo».
Dunque, riconoscimento dei diritti civili, e non una questione di valori. Qui sta l’equivoco di una discussione campata per aria e capziosa. Perché negare i diritti civili anche alle coppie di fatto o ai matrimoni gay? Parlo, ripeto, di diritti civili, e per me i diritti civili sono anche diritti umani. Diritti cioè che rispettano la dignità della persona o delle persone legate tra loro da un vincolo affettivo. Coloro che convivono sono persone o no? E, se lo sono, sono persone inferiori alle coppie cosiddette “regolari”? Se allora vogliamo essere coerenti fino in fondo, perché la Chiesa non si oppone ai diritti civili anche alle coppie sposate solo in comune? Per la Chiesa, non si tratta che di conviventi!
Tanto buon senso, serve. Buon senso pratico. Senza ideologie, senza dogmatismi. Che lo Stato lo usi senza entrare nel merito dei valori, e che la Chiesa non lo usi solo in funzione di valori fuori dalla realtà esistenziale.
In ogni caso, dietro a tutta questa faccenda del registro, non si può non intravedere la nuova linea del cardinale Angelo Scola che sta via via rispolverando gli sconfitti al tempo di Martini e di Tettamanzi, che ora vogliono riprendersi una rivincita, gasati anche dal recente “Incontro mondiale delle famiglie” che si è tenuto proprio a Milano (fine maggio-inizio giugno).
La Diocesi milanese non può permettersi il lusso di omologarsi alla Chiesa di Ratzinger. Non può spegnere la sua voce profetica, pur timida, dovuta più a vescovi “aperti” che a un clero o a un popolo “maturo”. Angelo Scola sa che può contare su una parte (una fetta preponderante) di Diocesi all’antica, pronta a obbedire alle direttive pastorali di un Pastore pre-conciliare, come altrettanto pronta, in pratica, a fare i propri affari. Questa è la Diocesi milanese.
Ci vogliono anni e anni per aprire una diocesi al soffio dello Spirito, e basta un mese, magari un solo giorno, per spegnerlo!     
NotaBene.
La Curia è intervenuta a dire la sua sul registro comunale delle unioni civili, perché non dice nulla sulla vicenda “Roberto Formigoni”? Eppure è il Presidente “cattolicissimo” della Regione Lombardia! Fino a quando lo sarà? Fino a quando lo sopporteremo? La Curia che ne pensa? E Angelo Scola perché non stigmatizza gli intrallazzi affaristici della Compagnia delle Opere? La presenza di Comunione e liberazione nella Diocesi non è una palla al piede? Angelo Scola, che ne faceva parte, non potrebbe liberarsene, anche con un atto pubblico? Sarebbe un bel gesto di riconciliazione con i suoi preti ribelli.

 Don Giorgio De Capitani