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“TAV” un simbolo di onnipotenza
Di Marcello D'Acquarica (del 10/06/2012 @ 00:00:00, in NohaBlog, linkato 3440 volte)

Quando si parla di grandi opere non vuol dire necessariamente che siano “utili” alla popolazione, e soprattutto non vuol dire che siano fatte con ragionevolezza. Chi organizza un progetto con una previsione temporale di 40 anni, come quello del TAV, a meno che non sia un extraterrestre dotato di poteri paranormali, ha molte probabilità di non vedere realizzato il suo progetto, di sacrificare irrimediabilmente il territorio e altrettante probabilità di inventarsi dati tecnici o economici legati a variabili infinite dovute a miriadi di fattori imprevedibili che si chiamano: andamento del Pil, fallimenti politici di interi paesi, crescita o decrescita dei consumi, per non parlare di fenomeni naturali del tipo terremoti o alluvioni. Pensiamo per esempio, se l’idea geniale del governo fallito a Novembre dello scorso anno, di costruire 5 centrali nucleari sul territorio italiano avesse avuto seguito e se una di queste fosse stata costruita in Emilia Romagna, considerata tutt’ora zona a basso rischio sismico, immaginiamo a che livello sarebbe giunta la catastrofe che oggi, ahimè, stiamo vivendo.
Ma la cosa più sconvolgente che possiamo scoprire leggendo “Corridoio 5”, l’opera di Luca Rastello pubblicata su La Repubblica di Domenica 20 Maggio, è il mistero della tanto conclamata grande opera cosiddetta “TAV (Treno ad alta velocità) nella sua articolazione, nella sua in-utilità, nelle prospettive.
Luca Rastello è venuto a Rivoli la sera di venerdì 25 Maggio, ospite nella sala consigliare del Comune, e ci ha raccontato del suo viaggio personale lungo tutto il percorso che dovrebbe essere l’asse Lisbona Kiev, che doveva unire l’Europa dall’Atlantico alle steppe con il miracolo delle grandi opere e dell’alta velocità. Dice Luca Rastelli: “Il TAV esiste solo nelle intenzioni. Attenzione ai simboli ed alle farse! Sono in molti quelli che nascondono il loro arrivismo rincorrendo il fantomatico progresso”.
Quello che più di tutto ha colpito la platea è il nulla di alcuni tratti ed i raggiri di alcuni governi in cui il giornalista  si è imbattuto e che nessuna stampa racconta.

Tratto A: il 21 marzo scorso il governo portoghese ha annunciato l’abbandono del progetto di alta velocità, per cui, ridimensionato, cambia nome e da “Asse Lisbona Kiev” viene oggi ribattezzato “Corridoio Mediterraneo”.
Fallito il tentativo di una porta sull’Oceano, la Commissione europea sposta il suo capolinea ad Algeciras, di fronte al Marocco, un tiro di lancia da Gibilterra. Solo che la Spagna sta riducendo drasticamente gli investimenti strutturali. Però, nonostante i tagli, l’alta velocità passeggeri da Algeciras a Bobadilla (raccordo Tav verso Madrid) si farà. E si farà grazie a una soluzione sorprendente: un solo binario!  Come potrà una linea ad alta velocità attraversare la regione con un solo binario?
Dicono gli spagnoli: «Semplice! Per ottenere lo scartamento adatto ai treni veloci aggiungiamo una terza rotaia all’interno delle due guide sulla linea esistente, quindi i treni lenti correranno sullo scartamento spagnolo, quelli veloci su quello internazionale». Senza cemento, e senza investimenti colossali. È la scelta del ministro per lo Sviluppo Ana Pastor, che accantonando le previsioni a nove zeri d’epoca zapateriana, stanzia in tutto 1.240 milioni di euro.  Quindi il primo tratto si rivela una bufala ad “alta genialità”.

Tratto B: da Madrid a Lione è l’unico vero tratto di  circa mille chilometri che si percorrono a velocità supersonica.

Tratto C: da qui però cominciano i balzelli Italo-Francesi dei Si Tav e dei No Tav. Sul versante francese sono stati fatti tre tunnel esplorativi paralleli al tracciato che dovrebbe collegare St. Jean de Maurienne a Venaus in val Susa, sul territorio italiano invece si è fatto tanto rumore mediatico, si sono spesi già un sacco di soldi ma non si è fatto niente perché non esiste nessun progetto esecutivo. Per il tratto Torino-Lione sono previsti 17 miliardi, di cui forse 300 milioni arriveranno dalla Comunità Euoropea. Il resto è tutto demandato ai contributi dei privati. Ma con questa crisi “sarà dura” che, fra l’altro, è lo slogan di chi non vuole lo scempio di una valle già ampiamente compromessa.
Più il tempo passa e più i costi aumentano perché in zona si è schierata un’armata agguerrita come se dovessero far fronte ad un nuovo sbarco di Normandia. Ma la sorpresa più eclatante è che il TAV da Torino non passerà mai.  Ce lo assicura un ingegnere della commissione regionale per la valutazione di impatto ambientale: «Il progetto prevede un interramento a quaranta metri di profondità. Il tunnel si infila né più né meno che nella falda idropotabile della città. Attenzione, non in quella irrigua: proprio nell’acqua che va nelle case dei torinesi. Impensabile e illegale».

Tratto D: da Torino a Milano e poi fino a Treviglio, si corre fino a 300 chilometri all’ora, ultimo piccolo tratto di alta velocità del nostro famigerato Asse. Poi da Verona cominciano nuovamente le lotte dei sindaci locali che documentano il disastro ambientale in vista: per non perdere i soliti fondi spesi in studi di progettazione, a dicembre 2010 fu presentato in fretta e furia un progetto preliminare purchessia, la “Tav balneare”, che doveva portare bagnanti alle spiagge della “grande Jesolo”, poi bucare le friabili doline del Carso, sfiorare Monfalcone dove Unicredit intendeva finanziare la triplicazione del porto, superare Trieste in galleria ed entrare in Slovenia.  L’unico tratto pronto è un segmento di 28 chilometri tra Padova e Mestre, ma non fai in tempo ad aprire la falcata che sei di nuovo in una palude, fra Venezia e Trieste che fra l’altro ha rifiutato l’interramento: una Caporetto.

Tratto E: la richiesta slovena di una bretella che agganciasse Trieste a Koper è stata rigettata su insistenza del governo italiano, sotto la pressione del governatore veneto Zaia. Rappresaglia da Lubiana: nessun collegamento fra Trieste e i mercati orientali. Le merci dirette a est possono usare il porto di Koper e il nodo di Divaca. Addio ultimo tratto dell’Asse.
Da Lubiana a Kiev, dalla Solvenia all’Ungheria ed infine in Ucraina c’è un paesaggio simile a quello della Spagna meridionale: deserto e colline, piccoli tratti di ferrovia e strade lacerate. Ogni tanto spunta una stazioncina, si intravede un binario, raramente un cavo per la trazione elettrica. Anche qui si parla di trasporto su gomma: «La nostra priorità — dichiara un portavoce del ministero dei Trasporti — non è la ferrovia: i finanziamenti Ue andranno alle autostrade, in primo luogo al raccordo anulare della capitale e il collegamento fra Miskolc e il confine ucraino». È un’interpretazione legittima: il Corridoio, nelle intenzioni,
è un sistema intermodale che prevede grandi investimenti sull’asfalto, altro che Treno ad alta Velocità. Mancano meno di 600 chilometri a Kiev, ma per arrivarci ci vogliono 15 ore. Si viaggia di notte, in terza classe i letti sono incolonnati a tre a tre a vista. Come all’altro capo d’Europa, nessuno ha mai sentito parlare di corridoi, e poi c’erano gli stadi da fare e qui non c’è un’Unione che finanzia, insomma a poco a poco s’azzera il progetto. Ci si sveglia a Kiev, stupiti, da un orizzonte di torri a trenta piani che disegnano il futuro cementizio delle metropoli europee. La nostra missione finisce così, dice Luca Rastello all’assemblea rivolese, possiamo tornare indietro dopo 3.200 chilometri percorsi lungo un corridoio che non c’è e, molto probabilmente, non ci sarà mai. Con la buona pace di chi in Italia lotta contro lo sfacelo del territorio e dell’economia che turpi politici irremovibili vogliono realizzare.

Marcello D’Acquarica