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Vangelo di un Missionario
Di Marcello D'Acquarica (del 09/06/2012 @ 00:00:00, in Un'altra chiesa, linkato 2805 volte)

Quando si tratta di diffondere le belle notizie, i mass media, la stampa o la televisione, fanno una certa resistenza. Si sa che le cattive notizie “rendono meglio” soprattutto dal punto di vista commerciale. Ci stiamo talmente abituando al brutto che “rischiamo” di non comprenderne più nemmeno il vero significato.
Siamo così sconvolti dal tormento dell’escalation mediatico delle brutte vicende che evitiamo spontaneamente e subito tutte quelle che invece potrebbero apportare gioia e benessere a tutti. Come per esempio il Vangelo. La bella notizia per eccellenza. Però un conto è il pensiero ideologico ed un altro è l’applicazione alla vita reale.
L'origine teologica del termine “missionario” è la traduzione latina della parola greca “apostolo”. Quindi è colui che diffonde un'idea, un messaggio morale, con abnegazione e impegno. I Missionari della Consolata sono persone che dedicano la loro vita, il bene più prezioso in assoluto, applicando il messaggio cristiano nella pratica. Soprattutto lottano in prima persona accanto ai poveri ed ai bisognosi di prime necessità. La giusta definizione del povero è determinante in quanto l’essere bisognosi non è la condizione primaria dell’essere povero. Tutti, pur non essendo poveri, abbiamo dei bisogni. Dice Padre Ezio: “per povero s’intende chi lotta disarmato contro le oppressioni, la violenza, contro le ingiustizie, le malattie, la  fame, la sete, insomma i cosiddetti poveri in canna, i crocefissi, gli impoveriti, le vittime. In una parola sola: gli ultimi”.
Vivere la propria vita accanto ai poveri vuol dire dare senza tornaconti, vuol dire sorbirne il disagio, può voler dire persino morire con loro.
Non conosco personalmente Padre Ezio ma il significato delle parole che ho colto nella sua intervista pubblicata sulla rivista Missioni Consolata del mese di Maggio 2012, colpiscono in modo particolare e ritengo importante condividerle con i lettori del nostro sito Noha.it.
Padre Ezio Roattino è nato  il 19/11/1936 a Vicoforte Mondovì (Cuneo). E' stato ordinato sacerdote il 19/12/1964 e dopo aver passato qualche anno in Italia nell’animazione missionaria e vocazionale, fu poi destinato in Colombia dove tuttora svolge la sua missione.
“Tu Ezio, non ti salverai da solo. Gli altri ti salveranno”. Questa riflessione che Padre Ezio ricorda nella sua intervista riguarda ognuno di noi. Nessuno vive per se stesso se è capace di sentire l’importanza del verbo “amare”. Gli altri debbono essere  importanti per noi tanto quanto è bello scoprire di essere noi stessi importanti per gli altri.
Ci ricorda anche del messaggio del Teologo Tedesco Dietrich Bonhoeffer: “Dobbiamo imparare a vivere ogni giorno come se fosse il primo e l’ultimo giorno della nostra vita” . Un consiglio che ha un significato molto lontano dal concetto di progresso o crescita di cui tanto si blatera da più parti in questi giorni. Ci preoccupiamo molto del futuro e poco del giorno che stiamo vivendo. Padre Ezio parla di rivoluzione, di uguaglianza e di legalità, accompagna queste idee alla rivoluzione fatta da Cristo. Una rivoluzione che non si è esaurita e che necessita oggi più che mai di essere attuata. Secondo Padre Ezio Roattino la Teologia della liberazione non è finita, fino a che nel Padre nostro ci saranno le parole “liberaci dal male” la teologia della liberazione, che è pratica della spiritualità ma soprattutto giustizia sociale, non si potrà seppellire perché è parte del Vangelo. La Teologia della Liberazione nasce negli anni ’60 del secolo scorso come riflessione teologica, per tentare di evidenziare l’importanza dell’emancipazione culturale presente nel messaggio cristiano. Di fatto è la conseguenza di una mancata libertà di coscienza, di spirito di carità, di libertà di pensiero religioso, di diritti uguali a prescindere del colore della pelle, dell’età, del titolo di studio o del sesso. Libertà da qualsiasi pregiudizio.
Continua Padre Ezio nella sua intervista: “ Nella nostra Chiesa vedo chi lavora per Dio e chi lavora per il Regno, come se fossero due cose separate. Da una parte abbiamo belle liturgie e cerimonie, senza preoccuparsi di chi è senza pane, senza lavoro, senza casa; dall’altra è tutto un organizzare comitati, sindacati, assemblee senza preghiera, eucaristia, lettura della parola di Dio. Gesù non ha predicato Dio, e non ha predicato il Regno, ma ha predicato il Regno di Dio”.
I Missionari come Padre Ezio, con il loro esempio di vita, restituiscono credibilità all’essere credenti, fondono il concetto di cristianesimo con la vita reale, non contro, non legato,  ma affianco alle debolezze ed alle immaturità sociali, liberando l’uomo da qualsiasi schiavitù. 

Marcello D’Acquarica