Il risveglio dei vescovi: strepitoso e vergognoso
Bello, grande e strepitoso, ciò che è avvenuto lunedì 26 settembre. Sia gloria a Dio e, per dirla con il salmista, "i fiumi battano le mani esultino insieme le montagne"! (Salmo 98) Una rivoluzione da sogno! Questa chiesa nella quale la base sollecita le gerarchia, i soldati svegliano le sentinelle e le sentinelle si sono svegliate dal loro lungo sonno. Sì, avete capito bene. Il mio plauso non va ai Vescovi Italiani né al loro presidente mons. Bagnasco, le cui parole, tardive e, come da acclarato connubio, generiche, non servono più di tanto. No. Il plauso e la gioia è vedere questa chiesa di base che si sveglia e sveglia coloro che dovrebbero tenerla sveglia! Le comunità locali e i settimanali diocesani non tacciono e coloro che per ruolo istituzionale, gli "episcopi", dovrebbero vigilare e sorvegliare, sono stati costretti a venire allo scoperto, a uscir fuori dal loro interessato e vile silenzio. E' poco, ma è già tanto. Che vivano i cristiani indomiti ed indomabili. Viva la chiesa che grida e protesta. Che viva il popolo dei controcorrente. E nessuna compiacenza con la pronunce tardive, generiche ed equivoche. La denuncia della Cei è tardiva, perché il danno ormai è dato. Il porco ha riempito il parlamento di maiali, servi e mafiosi, che si proteggono e difendono a vicenda. La denuncia, oltre che tardiva, è anche generica: non si fanno nomi; al punto tale che neanche il serpente cattolico Lupi si sente toccato. La denuncia è equivoca, perché sincerità vorrebbe che dopo anni di prostitutiva connivenza si chiedesse perdono al popolo italiano per l'appoggio, il supporto e la benedizione offerta allo stupratore della democrazia italiana, al ricattatore dei servi e al millantatore delle libertà. I vescovi italiani, nella loro maggioranza, devono chiedere perdono per i peccati di prostituzione e di simonia: per un piatto di lenticchie hanno venduto al principe egocrate l'anima loro e quella del popolo che dovevano servire e di cui si sono serviti. Il degrado che lamentano è stato il prodotto della loro ignavia e del loro asservimento.
Don Aldo Antonelli, parroco di Antrosano
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