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LA DEVOZIONE ALL’ARCANGELO MICHELE PROTETTORE DI NOHA di P. Francesco D’Acquarica imc (Seconda parte di tre)
Di P. Francesco D’Acquarica (del 23/09/2024 @ 13:54:25, in NohaBlog, linkato 286 volte)

Monaci basiliani della Calabria e della Lucania

L’Arcangelo fu particolarmente venerato dai monaci basiliani presenti nell’Italia meridionale e anche a Noha. San Nilo (910-1004), un anacoreta di spicco, fino all’anno 980 era rimasto nella zona cosiddetta del “Mercurjon” in Calabria, vicino Rossano, dove, nella grotta di San Michele, rimaneva spesso per parecchi giorni senza prendere cibo, nutrendosi di pane, radici e frutta. Non essendo più sicure le zone della Calabria per le frequenti incursioni saracene, Nilo venne nel Lazio dove fondò il convento di San Michele in Valleluce su un terreno donato dai benedettini di Monte Cassino.

Anche in Basilicata l’Arcangelo Michele è veneratissimo: in suo onore sono state costruite e consacrate chiese e cappelle, la maggior parte delle quali presentano le caratteristiche dei santuari micaelici.

Sul monte Vulture, in un luogo di grande solitudine e di grande suggestione per la posizione elevata sui laghi, sorge un’antica abbazia dedicata a san Michele. Essa, per le sue somiglianze con il santuario pugliese, potrebbe essere considerata come il Gargano della Lucania. L’abbazia, infatti, è nata intorno ad una delle grotte abitate da eremiti basiliani che veneravano san Michele Arcangelo; la chiesa situata all’interno, ha conservato la forma di una grotta con l’ingresso aperto sui laghi formatisi nei crateri del Vulture. Risulta assai evidente quanto ricalchi il modello garganico.

 

I Longobardi scoprono l’Arcangelo San Michele

Nel loro espandersi dal montuoso Sannio verso le coste adriatiche, i Longobardi vennero a conoscenza del santuario di S. Michele sul Gargano. L’Arcangelo suscitò in loro un grande fascino: ricordava una figura del loro passato. Nacquero simpatia e venerazione insieme: in Michele, essi ritrovavano le qualità di Wodan, che dai popoli germanici era considerato il dio supremo, dio della guerra e protettore di guerrieri, come testimonia lo stesso Paolo Diacono*: “Wodan, che aggiunta una lettera chiamarono Godan, è lo stesso che presso i romani viene chiamato Mercurio ed è adorato come dio da tutte le popolazioni della Germania “.

*Paolo Diacono (in latino Paulus Diaconus), pseudonimo di Paul Warnefried (amico protettore) o Paolo di Varnefrido o anche Paolo di Warnefrit (Cividale del Friuli, 720 circa – Montecassino, 13 aprile 799) è stato un monaco cristiano, storico, poeta e scrittore longobardo di lingua latina. Nel 787 tornò a Montecassino, dove fra l'altro scrisse l'Historia Langobardorum, la sua opera più famosa in cui narra, fra mito e storia, le vicende del suo popolo, dalla partenza dalla Scandinavia all'arrivo in Italia fino al regno di Liutprando.

La simpatia si trasformò in venerazione e San Michele divenne il simbolo di un popolo passato dal paganesimo al cristianesimo.

 

Anche i Normanni e gli Angioini

Nell’Italia meridionale, per vicende assai diverse, si sono avvicendate lungo il corso dei secoli alcune dominazioni e ciascuna ha lasciato in forme e modi diversi, presso il santuario garganico, i segni della sua presenza e della sentita devozione verso san Michele. Poco dopo il Mille, uomini guerrieri in cerca di avventure e di fortuna, sciamati dalla Normandia a piccoli gruppi, si stanziarono nell’Italia meridionale: sono i Normanni (il nome significa appunto “uomini del nord”), come erano chiamati nel Medioevo gli abitanti dell’Europa settentrionale.

Tra parentesi è bene tenere presente che fu proprio il normanno Tancredi, Conte di Lecce, ad affidare il vasto feudo di Noje alla nobile famiglia De Noha.

L’ambiente era propizio per il continuo riaffiorare di dissidi e guerre fra greci, principi longobardi, repubbliche marinare e arabi di Sicilia. Militando ora per gli uni ora per gli altri, i Normanni seppero trarre profitto dalle situazioni e finirono col diventare arbitri della sorte del paese. Infatti nel 1059, a Melfi, papa Nicolò II fece del potente Roberto il Guiscardo (vale a dire, l’astuto: così fu definito il più famoso principe normanno) un vassallo della santa Sede, nominandolo duca di Calabria e Sicilia.

I Normanni furono molto legati a san Michele. Prima di stanziarsi nel mezzogiorno italiano, avevano già conosciuto il culto di san Michele in Normandia, nel celebre santuario di Mont Saint-Michel: santuario, quest’ultimo, che era stato dedicato all’arcangelo nel 709, dopo che Oberto, vescovo di Avranches, aveva espressamente inviato dei suoi rappresentanti nel santuario del Gargano.

Quando si stabilirono nell’Italia meridionale, il loro rapporto con san Michele si intensificò maggiormente e fecero del Gargano il loro santuario preferito. Come si esprime ancora Armando Petrucci (Armando Petrucci (Roma, 1º maggio 1932 – Pisa, 23 aprile 2018 paleografo, medievista, diplomatista e codicologo italiano), il Gargano costituiva agli occhi dei normanni “quasi la capitale spirituale”, “il centro religioso più insigne: quello, oltre tutto, che meglio poteva rappresentare un legame ideale con la patria lontana”, anche se “alle popolazioni meridionali terrorizzate da questi nuovi Saraceni, da questi implacabili conquistatori, il nesso ideale che i normanni sentivano e tentavano di stabilire fra la loro azione di guerra e il culto micaelico sfuggiva”.

Nella seconda metà del XIII secolo la Sede apostolica, per difendere i suoi diritti nel sud Italia contro gli abusi della dinastia sveva, chiamò in suo aiuto Carlo I duca d’Angiò ed affidò a lui e ai suoi discendenti il Meridione d’Italia.

Per comprendere meglio quanto sto esponendo bisognerebbe non perdere di vista il bellissimo stemma dell’antico Comune di Noha: quelle tre torri e le due barchette tra le onde del mare. Anche se non riusciamo ad avere una documentazione storica che ne spieghi l’origine e il significato, da quanto detto fin qui qualcosa si può anche ragionevolmente supporre.

 

La grotta del GARGANO, già sede di culti pagani

Il promontorio di San Michele sul Gargano, immerso in uno spettacolare paesaggio naturale, che già in se stesso apre il cuore alla misteriosa voce della trascendenza, ha origini molto antiche ed è ricco di storia e di fede.

Le fonti di cui disponiamo ci permettono di andare molto lontano negli anni, di scavalcare i secoli fino a giungere al pontificato di papa Gelasio I (492-496), verso la fine del V secolo, quando l’arcangelo Michele, con le sue celebri apparizioni, fece di questo monte un luogo di culto cristiano.

La leggenda, che narra le origini del santuario, afferma che la grotta scelta da san Michele, non si impone per le sue decorazioni o per bellezza artistica, ma unicamente per i prodigi che custodisce: “Poiché si degnò di edificarla e consacrarla lo stesso arcangelo Michele, il quale, memore della fragilità umana, scese dal cielo, per far sì che in quel tempio gli uomini potessero divenire partecipi delle cose divine “.

 

Lorenzo: un vescovo venuto da Costantinopoli

Il vescovo Lorenzo Majorano, pastore della Chiesa di Siponto, è particolarmente legato, anzi coinvolto, negli eventi prodigiosi avvenuti sul Gargano. L’arcangelo Michele lo scelse come suo confidente per far conoscere al popolo sipontino e a tutti i cristiani i suoi messaggi. Il vescovo venne così scelto come strumento per far conoscere la volontà divina ai fedeli. Infatti, secondo la testimonianza della tradizione, Lorenzo fu incaricato di aprire al culto cristiano la sacra spelonca e di indicare al popolo di Dio un luogo dove incontrare la misericordia e il perdono divini.

La caverna è a me sacra, é una mia scelta; io stesso ne sono il vigile custode (..)- Là dove si spalanca la roccia possono essere perdonati i peccati degli uomini (...). Quel che sarà qui chiesto nella preghiera sarà esaudito. Và perciò sulla montagna e dedica la grotta al culto cristiano “.

Nella vita di questo santo vescovo si legge che furono proprio i sipontini, sul finire del V secolo, a rivolgersi all’imperatore d’Oriente perché nominasse un vescovo per la loro diocesi, rimasta vacante in seguito alla morte del vescovo Felice. Zenone, imperatore bizantino, seppe scegliere la persona giusta e inviò a Siponto come vescovo un suo parente, Lorenzo.

“Essendosi consultati i sipontini mandarono cittadini scelti fra il clero e il popolo all’imperatore pregandolo umilmente che venisse in soccorso alla loro Chiesa e mandasse come suo rappresentante un uomo che lui stimasse necessario nella casa del Signore in quella circostanza. L ‘imperatore, accogliendo questa richiesta, pregò Lorenzo, uomo pieno di virtù, suo parente ed amico, affinché diventasse vescovo per il popolo di Dio che era senza pastore “.

Accettata la nomina, Lorenzo lasciò Costantinopoli e si trasferì a Siponto dove, con grande saggezza, zelo apostolico e santità di vita, resse questa Chiesa per diversi anni. Non si conosce l’anno della sua morte e al riguardo le fonti ci informano che visse “usque ad tempora Justini (m. 527) et Justiniani (m. 565)” (fino al tempo dell’imperatore Giustino e Giustiniano).

Se volessimo basarci su alcune particolarità desunte dalla vita del santo presule potremmo definirlo come il portatore e diffusore del culto di san Michele nella sua diocesi. Egli proveniva da Costantinopoli, dove la devozione all’Arcangelo - come è stato già affermato - era molto viva e sentita; inoltre il Micaelion di Costantinopoli presentava delle caratteristiche molto simili a quelle del promontorio garganico. Perché allora non ipotizzare che venendo a Siponto come pastore, Lorenzo non abbia pensato di edificare sul Gargano un nuovo Micaelion proprio come era stato fatto in quel di Costantinopoli? E ragionevole pensarlo, ma dimostrarlo con documentazione incontrovertibile, risulta difficile. Una cosa però è sicuramente certa: il culto viene dall’Oriente; l’Occidente lo ha accolto e fatto proprio. Comunque, al di là di queste ipotesi, gli studiosi concordano nell’affermare che il culto all’Arcangelo Michele, una volta giunto sul monte Gargano, penetrò profondamente nel cuore della gente e fece della grotta un santuario che, col passare dei secoli, doveva divenire un importante centro di irradiazione del culto micaelico in Occidente.

P. Francesco D’Acquarica imc