Non ricordo più in che occasione, parafrasando il celebre motto arguto barese, abbia detto o scritto che se Parigi avesse le Casiceddhre sarebbe una piccola Noha. Poteva apparire come una delle mie proverbiali iperboli, invece m’accorgo di come (molto più di quanto non si pensi - satira caustica inclusa) io sia moderato nei termini.
Eh sì, a reggere le sorti dell’economia del mio paesello – oltre a recuperarne l’immagine messa a repentaglio da maldestri epigoni della politica locale, per fortuna definitivamente cancellati con un tratto di matita, anzi di penna blu e rossa - sono tuttora gli artigiani, i micro-commercianti e i piccoli esercenti, sicché accanto ai coiffeur e alle estetiste, al restaurant, al forno/boulangerie e alle patisserie, ai magazzini agricoli e al fioraio, alla pescheria gourmet e all’hôtel de luxe, al mulin (che stavolta non è rouge, e per fortuna nemmeno bianco) e alle gastronomie (si scrive uguale in francese), e a numerosi altri operatori che non posso qui elencare per questioni di spazio, ma prima o poi arriverà pure il loro turno, s’annovera finalmente anche l’atelier Euphoria (con l’h di Noha), una bella profumeria che non ha nulla da invidiare alle migliori boutique della Ville Lumière.
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L’“euforica idea” venne un paio di lustri fa alla Jennifer Misciali, una giovane mamma acqua e sapone, grazia e sorriso naturali, scuola d’arte e di vita, e fu così lungimirante che la bottega che ne scaturì non solo si è irrobustita nel corso del suo decennio di attività festeggiato di recente ma, presentandosene l’occasione, ha anche raddoppiato o forse triplicato i suoi spazi traslocando dalla vecchia sede di via Aradeo 31 alla nuova di via Donatello 19, decisamente più ampia, confortevole, luminosa, dotata di camerini di prova, due grandi vetrine, e un comodo parcheggio.
Il lemma “euforia”, dal greco εὐϕορία, nato dall’unione di εὖ «bene» e ϕέρω «portare», come noto ha diverse accezioni, da quella diciamo esaltata o addirittura morbosa se non proprio alcolica e fasulla, a quella invece più aderente al significato etimologico-letterale del termine, tranquilla dico ed equilibrata: e qui non c’è bisogno di consultare il sito my-personaltrainer per capire che soltanto quest’ultima è un toccasana per mente e corpo. Ebbene, con l’Euphoria della Jennifer siamo nella sfera del benessere senza ossessioni, della cura della persona, della consapevolezza che ogni tanto è giusto e addirittura pio prendersi una pausa dalla corsa quotidiana per gustare appieno le piccole gioie, fatte perfino di “vanità delle vanità”, infinitesimali certo, ma importanti, come per esempio la fragranza di un profumo particolare, la delicatezza di un bagnoschiuma meno commerciale del solito, o la scoperta di un grazioso cadeau per gli altri, e perché no, per se stessi. Oltretutto nello scrigno dell’Euphoria con l’h, oltre ai profumi, alla cosmetica o ai prodotti tricologici, trovi numerosi articoli di pelletteria, bijoux de fantaisie e orologeria, e da un po’ di tempo anche coloratissimi cappelli in paglia intrecciata e in altre fibre, oltre che teli da mare e costumi da bagno, tutti scelti con gusto direi raffinato.
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Eccome se si notano le differenze tra l’Euphoria nohana e quella sussiegosa delle catene delle grande distribuzione o, visto che siamo in tema, delle gallerie della grandeur parigina: di là la moda, di qua lo stile; di là ambienti austeri, di qua aria professionale certamente, ma con un tocco che fa tanto casa e comfort famigliare (con mamma Barbara sempre pronta a dare una mano e papà Luigi che segue il piccolo Ludovico passo passo); altrove molto spesso posture studiate, parole a senso unico, aggressività velata di professionalità, e pressing sul cliente quale metodo per incrementare le vendite; di qua invece non ti assale nessuno, conversi piacevolmente, ci ripensi, ripassi quando vuoi tanto il negozio è a due passi, “e se non va bene il regalo, mi raccomando conserva lo scontrino così lo puoi cambiare”. Di là l’uniforme, i comportamenti standardizzati, e l’imperativo dell’efficienza; di qua l’empatia connaturata, non imposta da alcun ufficio marketing, e la pazienza ancestrale delle generazioni meridionali. Di là il paradiso degli influencer e dei selfie in ogni posa, di qua i piedi per terra di Jennifer e Marta (la brava collaboratrice, liceo linguistico e master vari) che boicottano ogni tuo tentativo di effigiarle in foto.
L’unica immagine della Jenny a corredo di questo pezzo è frutto di un mio, come dire, taccheggio con destrezza. Il che a momenti mi ha fatto sentire come Piero Fassino al duty free.
Antonio Mellone