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Murales di gomma
Di Marcello D'Acquarica (del 08/10/2023 @ 16:15:46, in Comunicato Stampa, linkato 548 volte)

A proposito di "murales" e "cippi mistici", di cui tanto si è discusso in questi ultimi giorni fra le parti della politica di casa nostra, si può dire che forse quanto è accaduto è servito a chiarire alcuni concetti apparentemente banali, ma che hanno invece una notevole importanza: quella dell’identità di una comunità e della sua storia.

Stiamo parlando dell’improvviso tsunami manifestatosi con spasmodici "spargimenti" di colori sulla facciata esterna dello stabile dell'anagrafe di Noha che hanno lasciato basiti molti cittadini, non solo nohani ma anche galatinesi.

Appare finalmente chiaro quanto l'attuale amministrazione Vergine abbia semplicemente completato un programma confezionato dalla precedente nel corso della sua legislatura (nel mentre si attendono con trepidazione le novelle iniziative con relativi finanziamenti, ndr.), mettendoci di suo soltanto la ciliegina sulla torta.

Stiamo parlando degli sviluppi grafici del famigerato murales sulla via del Calvario (mai metafora fu più azzeccata di questa), quantomeno discutibili, non soltanto dal punto di vista diciamo artistico, quanto da quello contenutistico e direi soprattutto politico, dacché la popolazione era all’oscuro di tutto, fino alla miracolosa apparizione del san Paolo (fuori le mura).

Si è parlato di “fondere” la storia di Noha con il fenomeno del tarantismo  tramite un murales, o addirittura di una forma di “gemellaggio” fra due comunità. Ora, se è vero che Galatina fosse “immune” dagli effetti nefasti del morso di una taranta, è anche vero che Noha, salvo errori, non ha mai avuto a che fare con storie di pizzicati, balli, suonatori e tamburelli: a meno che non si voglia riscrivere la storia soltanto per inverare un teorema, insistendo con la narrazione assillante frutto dell’ormai stucchevole marketing territoriale cinico e rozzo, insofferente a ogni differenza, tutto chiacchiere senza distintivo, volto a eliminare ogni sapere non finalizzato a uno scopo pratico, utilitaristico e consumistico. È anche questa la famosa Cancel Culture, con la preghiera di non tradurre “cultura della cancellazione” ma, al contrario, “cancellazione della cultura”.     

Del resto è scritto su centinaia di pagine di libri che nel corso della storia Noha ha avuto ben poco o quasi niente da spartire con le sorti di Galatina, almeno fino al tardo 1700. Oltretutto, fino alla fine degli anni ’80 del secolo scorso, financo la parrocchia nohana era incardinata in una diocesi affatto diversa rispetto a quella di pertinenza del capoluogo.

A questo punto viene da chiedersi quale beneficio potrà mai generarsi nelle giovani menti delle nostre comunità, se si continuano a seminare (anche inconsapevolmente) confusione, voglia di omologazione, riduzionismo globale, damnatio memoriae, e incertezza con meschini stratagemmi tendenti tutti a cancellare il nome di Noha ad ogni piè sospinto.

Noha è orgogliosa di essere parte del comune di Galatina, ci mancherebbe altro: ma una cosa è dir questo, un’altra è fare di tutto per corroborare la presunzione onde sia il presente a giudicare la storia passata, disponendone la condanna o la sua cancellazione.

Ma non è l’oggi a dover insegnare al passato come avrebbe dovuto comportarsi. Semmai esattamente il contrario.

Marcello D’Acquarica