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Non sia turbato il vostro cuore - V Domenica di Pasqua - 10 maggio 2020
Di Redazione (del 10/05/2020 @ 06:34:06, in "Il Vangelo della Domenica" di don Francesco Coluccia, linkato 1761 volte)

 

Carissimi Fratelli e Sorelle,

parole rassicuranti oggi il nostro Dio ci offre. Non sia turbato il vostro cuore. Ripetiamolo più volte soprattutto in questo tempo di paura e di grande incertezza nella ripresa del quotidiano vivere. Qualsiasi difficoltà non deve mai farci desistere dalla certezza che il Signore non ci abbandona mai perché egli è per noi via, verità e vita. Ascoltiamolo.

Dal Vangelo secondo Giovanni  (Gv 14,1-12)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: Vado a prepararvi un posto? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».

 Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».

Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch'egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre».

 

Meditiamo la Parola ascoltata

Tra dubbi e certezze, la nostra vita. Non ditemi che è tutto chiaro, tutto spianato e che non ci sono dubbi e che spesso anche le piccole certezze vacillano. Credo poco alle torri d'avorio. Intoccabili, imperturbabili, sempre intatte. L'uomo di fede non è l'uomo che non si lascia toccare dal turbamento, ma è colui che vince la tentazione di lasciarsi travolgere dal turbamento confidando unicamente in se stesso. Del resto la scrittura ce lo insegna e ci dice:« Maledetto l'uomo che confida  nell'uomo, che pone nella carne il suo sostegno e dal Signore si allontana il suo cuore. Egli sarà come un tamerisco nella steppa, quando viene il bene egli non lo vede; dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere. Benedetto l'uomo che confida nel Signore e il Signore è sua fiducia. Egli è come un albero piantato lungo corsi d'acqua, verso la corrente stende le radici, non teme quando viene il caldo, le sue foglie rimangono verdi; nell'anno della siccità non intristisce, non smette di produrre i suoi frutti» (Ger 17,5-6). Le immagini ed il senso di queste parole sono quanto mai eloquenti.

Per credere vogliamo vedere, eppure il Verbo si è fatto carne ed ha posto la sua dimora in mezzo a noi. Cosa dovremmo attenderci altro da Dio. Evidentemente ciò che desideriamo, ciò che vogliamo non è la vita, ma tutto il contorno che ci siamo costruiti nel tempo e che è diventato parametro della pseudo felicità che ci lusinga così tanto da non farci sentire felici fintanto che non lo possediamo.

C'è il desiderio di felicità, ce l'abbiamo ma lo scartiamo perché non lo riconosciamo. É Gesù. Chi ha visto, incontrato, sentito Lui, ha visto, incontrato, sentito il Padre. Siamo coinvolti in questa relazione d'amore. Tutto l'essere di Gesù è illuminato dalla misteriosa unione con il Padre, dal quale proviene ogni ricchezza e abbondanza di vita. Di questa ricchezza noi siamo partecipi, come il figlio Gesù, dell'abbondanza dei doni di Dio per cui siamo chiamati a proseguire nel mondo le sue opere e a farne di più grandi.

Ma la domanda di Filippo rimette ancora in discussione il ruolo di Gesù e il contenuto del suo messaggio. Si va a caccia di eventi, realtà, fatti concreti. L’apostolo vuole certezze. Ha ricevuto l’esortazione a mantenere la fiducia, poi le indicazioni per raggiungere la vera felicità «Io sono la via, la verità e la vita», ma questo non basta. L’apostolo ha bisogno di vedere la promessa che gli è stata fatta di cui tanto ha sentito parlare, promessa che lui stesso non riconosce di aver toccato con mano; promessa che egli stesso ha sentito; promessa che l’apostolo ha vissuto e continua a vivere senza riconoscerlo. Qui è forte il richiamo fatto a Filippo, in tre riprese: «...non mi hai riconosciuto...come puoi tu dire...non credi».

Gesù ci mette dinanzi alle sue opere e ci chiede di credere non solo in lui, ma anche in quelle che noi per sua grazia potremo compiere. Gesù è andato avanti a preparare un posto a chi vorrà seguirlo promettendoci la felicità non senza turbamenti, dubbi, incertezze, difficoltà, cadute.

Alla fine però ci dice che ne varrà la pena perché la felicità che ci è riservata non è una gioia passeggera, ma quella che non passerà mai.

Allora lasciamoci pure provocare dagli eventi della vita perché ridestano in noi il desiderio della Casa del Padre, del suo Regno, della sua Vita, ci faranno essere con gli altri fratelli come lui lo è stato e continua ad esserlo oggi con noi con la certezza che Egli non ci abbandona mai.

Ah, dimenticavo, se vogliamo conoscere Dio non possiamo non conoscere Gesù Cristo.

Don Francesco Coluccia