\\ Home Page : Articolo : Stampa
La Corona Unita che c’è in noi
Di Marcello D'Acquarica (del 07/05/2020 @ 21:28:27, in NohaBlog, linkato 1349 volte)

Conviene metterla sul personale, o comunque sullo specifico, sennò rischiamo di parlare sempre di aria fritta o di niente. E la colpa è sempre di nessuno.

Il sottoscritto, come tantissimi altri, e anche tanti vostri figli che sono costretti a fare la stessa cosa tutt’oggi, se ne andò via da qui per lavoro, portandosi dietro uno stato d'animo stra convinto che questo nostro paese (Noha e dintorni) fosse un paradiso di sole, con il mare straordinario a due passi, di campi verdi, e di tante cose buone, aria compresa, tutte bellezze introvabili altrove.

Poi, alla fine di una lunga vita di sacrifici, al ritorno definitivo, diciamo pure che qualcosina di quel che c'era nello stato d'animo d'allora, non ci sta più. Svanito. E va be'.... Uno pensa che sia colpa del famigerato progresso, ed è il prezzo da pagare per cotanto benessere.

Sfioriamo l'ossimoro (per non dire il ridicolo) con 'sto benedetto "scotto" da pagare per avere in cambio “cotanto benessere”.

E ci mancava pure la quarantena a tempo indeterminato, e tanti morti innocenti, giusto per ottimizzare lo “scotto”.

Se mettessimo sulla bilancia "scotto" da una parte e "benessere" dall'altra... Be'... Fateveli voi due conti. Taranto docet.
Ma qui si sfiora davvero la dabbenaggine. Ora sento molti lamentarsi per l'inquinamento del cementificio galatinese, delle altre canne fumarie della zona industriale tra Galatina e Soleto, e perfino della centrale Enel a carbone di Cerano (cose dell’altro mondo… a carbone) e dell'acciaieria di Taranto, un fallimento palese di tutti: politici, sindacati e imprenditori, con specifiche condanne e specifici morti. E ci sta che uno si lamenti di queste tragedie. E ci mancherebbe.

E ogni giorno dell'odore acre di plastica bruciata che si espande di qua e di là a seconda dei quattro venti. Ma poi uno se lo deve anche metabolizzare questo bubbone, o no? Dovrebbe anche sforzarsi di capire che se le cose le conosci e sai che fanno male, malissimo, non è che poi tu ti devi sentire in diritto di fare altrettanto. E allora, mettiamola così: il  benessere, ci costringe a pagare lo scotto.
Ma quando si trovano lungo le strade di campagna, a distanza intercalata di dieci metri, sacchi neri di rifiuti vari, quando ci vediamo passare sotto il naso quel filo nero di puzza asfissiante di plastica che brucia, e ti si strozza la gola e ti lacrimano gli occhi, e ti guardi intorno sbalordito per cercare la colonna di fumo nero, e non la vedi, ma la senti, e non sai più dove correre a rintanarti, e sia che sia plastica da pacciamatura o materiale di sgombero che oltretutto, brutta bestia di tanti chili e pochi neuroni che altro non sei, andrebbe portato all'ecocentro - che fra l'altro lo ritira gratuitamente - quando tutto questo supera il "bello", quel poco di bello che nonostante tutto la Natura cerca di donarci ancora, a quale santo dobbiamo rivolgerci per il miracolo?

P.S.: le foto, che vi prego di guardare bene per rendervi conto con che tipo di barbari abbiamo a che fare, ovviamente si riferiscono a luoghi ben precisi, che spero vengano sottoposti a stretta sorveglianza da parte dell’Amministrazione Comunale, nella speranza che i “tanti chili e pochi neuroni” vengano colti con le mani nel sacco. Ma basta aprire gli occhi, non solo quelli con cui guardiamo il benessere, ma quelli con cui paghiamo lo scotto, e di schifezze cosi se ne vedono ovunque. Ai bordi di qualsiasi strada comunale, provinciale, statale, di campagna, per non parlare del mare in cui amiamo sciacquarci le spoglie.

 Marcello D’Acquarica