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Sesta fetta di Mellone - Estate 2019 - Scusi per il Twiga?
Di Antonio Mellone (del 31/08/2019 @ 17:16:00, in Fetta di Mellone, linkato 1538 volte)

Conoscete la storia del dito e della luna, no?

Ebbene, sappiate che in genere è la massa che si fa incantare dalla luna (nel pozzo); è il saggio poi ad accorgersi che quello non è l’indice, ma il dito medio.

L’altra sera, per dire, mi faccio convincere dagli amici a fare un salto a Otranto. Ma Otranto era già assaltata da un pezzo.  

Mancavano sedie e tavolini giusto sul mosaico pavimentale della cattedrale per completare il quadro espressionista: vale a dire l’Urlo di ‘sta Minch (quell’altro era di Munch).

Dai - mi son detto -, guardiamo il lato positivo della cosa: un giorno moriremo.

Siccome i guai non vengono mai da soli, la settimana scorsa un telegiornalista reggeva il moccolo, ossia il microfono, a un manager affranto dalla chiusura della sua bella discoteca salentina vista mare, prostrato dal fatto che il “Salento non è Ibiza”. Ora, va bene che tira più un pelo di Twiga che tutto il parco buoi, ma uno s’aspettava che il whatchdog anziché scodinzolare gli rispondesse per le rime (evidenziando l’orrore di certe affermazioni che vorrebbero essere sarcastiche), o almeno battesse ciglio. O tutt’al più cassa. Niente: si è limitato solo a battere.

La prossima volta – se posso permettermi – thegiornalisti si sbilancino un po’ di più e provino a chiedere all’interlocutore di turno almeno di togliersi gentilmente gli occhiali scuri alla Lapo Elkann (sempre che l’intervistato occhialidasolemunito non sia affetto da uveite), così, benché su carta o schermo, noi altri poveretti potremmo tentare di guardarlo nelle palle degli occhi.   

Nel frattempo, ligi all’assunzione quotidiana di anestetico contro il dolore da vita vuota, facciamoci pure distrarre dallo stracciamento di vesti dei Caifa da spiaggia per via del prezzo di un paio di frise con tartare di gamberetti (?): che, a dirla tutta, secondo la corte dei conti domiciliata nella mia testa, dovrebbero costare almeno il triplo, se non il decuplo, attesa la straordinaria quantità di diseconomie esterne – leggi devastazione e mercimonio di questo mondo – prodotte all’unisono dalle masse cafone e fesse di domanda e offerta.

Non sia mai che qualcuno in questa terra vocata al luna park osi proferire la nuda verità, vale a dire che il turismo ci ucciderà.

Nossignore, si ha invece paura degli economisti da peer review, quelli della crescita e delle ricadute occupazionali sine fine dicentes, dunque del più Mercato e meno Stato, dimentichi del fatto che la libera concorrenza alla Adam Smith non ha mai traslocato dalla teoria del puro modello economico alla tridimensionalità, mentre la sua diciamo evoluzione neoliberista intensiva o addirittura superintensiva (fatta di monopoli, oligopoli, cartelli e mafie) sta portando profitti ai soliti pochi, e più danni dei roghi d’Amazzonia e Siberia messi assieme ai soliti molti. Infine, si ha addirittura soggezione dei pOLITICI, i Cetti e le Cette Laqualunque glocal, ergo gli sponsor della riduzione del numero dei parlamentari, gli indossatori di casacche intercambiabili manco fossero slip, i promoter di liti temerarie prêt-à-porter: quasi tutti esponenti del rutto libero assurto al rango di Logos.

Ci mancava giusto la raccolta delle olive nel cuore del mese d’agosto, a 35 gradi all’ombra. Chissà che dalla loro spremitura la Scienza non riesca a ottenere direttamente, dopo l’aria, anche l’olio fritto.

Ma che ne capite voi di primizie. Volete mettere la vendemmia a febbraio, le fiche a marzo, e le fette di Mellone a fine novembre?

Antonio Mellone