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SESTA FETTA DI MELLONE – ESTATE 2018 - NOTTE DELLA TAPANTA
Di Antonio Mellone (del 01/09/2018 @ 13:58:11, in Fetta di Mellone, linkato 1598 volte)

Premetto che adoro la Notte della Taranta. Il sistema dei concerti a ragnatela nei diversi paesi del Salento. La iatrodanza e la iatromusica, la contaminazione, la ricerca e la sperimentazione di nuovi linguaggi musicali, gli artisti nostrani, e i “forestieri” che si cimentano con il dialetto della mia terra. E ammiro tutto il lavoro di organizzazione che ci sta dietro.

La seguo fin dagli esordi, quando i concerti melpignanesi si tenevano in piazza San Giorgio all’ombra della chiesa madre. E mi auguro di poter continuare a farlo in futuro.

A dirla tutta, negli ultimi tre o quattro anni - sarà per via dell’età -, assisto alle prove il giorno prima della prima, cioè il venerdì che precede il Concertone: lo spettacolo inizia a un orario ragionevole, non termina il giorno dopo, non trovo chissà quale confusione, e riesco ad arrivare fin sotto lo stupendo palcoscenico senza alcun rischio di agorafobia.

Insomma siamo in pochi intimi, vale a dire i soliti 30/40.000 spettatori (più o meno un terzo rispetto a quelli dell’indomani).

Premetto ancora che anche questa volta ho ascoltato e visto tutto fino alla fine, e l’ho trovato sublime. Durante le esibizioni ho pure suonato il mio tamburello - ma non ballato onde evitare di fare la figura di un ulivo colpito da Co.di.ro [per la cronaca io ballo da solo, quando non mi vede nessuno. Vabbè, ho pure frequentato un corso di Latino-Americano ma ho imparato solo il latino; ma questa è un’altra storia, ndr.].

Detto questo, confesso che quest’anno già sin dal mio arrivo a Melpignano, nel pomeriggio della vigilia, più o meno intorno alle 18, è come se non mi sentissi completamente a casa mia, una sensazione come quella che credo provi un pesce nell’acquario di una pescheria. Qualcosa non mi quadrava punto.

E non è stato tanto il problema dei primi cinque euro per il parcheggio (incustodito) nella zona industriale “gentilmente” richiestimi dall’esponente della società, mi pare, del Veneto (a proposito di km 0 e di incentivi alle aziende del territorio), quanto il fatto che non c’era la solita atmosfera di comunità. Non so se mi spiego: voglio dire che sì, si sentiva nell’aria odore di collettività, ma non profumo di comunità. Ecco.

 

Insomma, m’avvio a piedi verso la grande arena del concerto, con il mio tamburello in mano, un borsello a tracolla acquistato ventiquattro ore prima a saldo in quel di Andria, bermuda d’ordinanza e la mia bella maglietta No-Tap rosso fuoco: indumento che sfoggio nelle migliori occasioni, tipo prime comunioni, cresime, matrimoni e concerti di alta classe.

Appena superate le barriere di cemento antisfondamento (evidentemente per la solita fobia dell’Isis), un energumeno in vestito d’orbace – forse irritato dal rosso come manco una Tarantata - mi chiama: “Eia, eia, alalà?”. Mi volto: “Prego?”. E il camerata di rimando: “Devi aprire il borsello”.

Insomma ispezione. Chissà cosa l’addetto alla “sicurezza” pensava nascondessi in quel minuscolo marsupio. Probabilmente un bazooka telescopico, una bomba ad aria compressa, un contenitore di antimateria disinnescabile solo da Robert Langdon, il prof. di 'Angeli e Demoni' inseguito dalla setta degli Illuminati (o forse erano i Fulminati). Sta di fatto che l’energumeno di nero vestito mi lascia entrare nella zona “rossa” [magari fosse stata rubiconda, anziché corvina, ndr.] senza batter ciglio, non accorgendosi, il poveretto, che un’arma portentosa c’era eccome, e in bella vista, in quella tasca da spalla con cinghia regolabile: ed era la mia penna.

*

Superati nell’ordine Security, Vigili Urbani, Polizia, Carabinieri, Esercito, Aeronautica, Servizi Segreti, Kgb e pure la Cia (la zi’ Cia, per la precisione) arrivo nella grande arena del concerto.

Ma dove sono tutti quei ragazzi degli altri anni accampati con le tende e i teli, e dove i coloratissimi venditori di tutto, dalle bibite con il ghiaccio nelle vasche di plastica alle crepes, dai braccialetti etnici alle noccioline, dalla scapece ai mustaccioli, dai fichi alle fette di Mellone paesano? Dov’è andato a finire il grande prato proletario del tempo che fu?

Vuoi vedere che la famosa Deregulation funziona solo per le grandi aziende – mi son detto - mentre per piccoli commercianti e artigiani la Regulation diviene ferrea?

E dov’è andato a cacciarsi quel pizzico di anarchia, vale a dire di libertà (art. 33 Cost.) che rende ancor più belle Arte e Cultura? Che fine ha fatto la lotta che è voce del verbo amare?

 

Di grazia, in quale anfratto di Melpignano, recondito e insonorizzato, saranno mai state proferite le parole “Paesaggio e Terra”, fil rouge pare della Notte della Taranta 2018? Mi domando infine e en passant perché mai tra gli altri (bravissimi) artisti, sulla scena di Melpignano e dintorni non possano esibirsi, per dire, pure i Sud Sound System e qualche altro gruppo magari meno mainstream.

*

A corroborare le mie impressioni alcuni amici mi han riferito che all’indomani, durante il concerto, l’unica bandiera No-Tap presente in zona è stata sottratta e ammainata in malo modo da una squadra di squadristi della security (scusate: pleonasmo e allitterazione mi son venuti così). Dicono che il suo garrire al vento desse fastidio alle telecamere della Rai (cioè la diciamo nuova Rai del governo del diciamo cambiamento). Mi chiedo se non sarebbe bastato chiedere gentilmente allo sbandieratore di farsi leggermente un po’ più in là, senza calpestare - come troppo spesso sta succedendo - l’articolo 21 della Costituzione e senza il bisogno di passare d’amblée da tappisti a teppisti.

Comunque tutta la mia solidarietà ai poveri esponenti del politically correct terrorizzati da un piccolo drappo. Pare non se la passino tanto bene.

Per non parlare poi dei loro mandanti, se possibile messi peggio.

Antonio Mellone