Io lo guardo. Lo guardo anche più volte al giorno. E tu? Secondo me faresti bene a non guardalo mai. Parlo del telegiornale. Ho imparato a cambiare il pannolino a mio figlio, a preparargli le pappe, a cantargli le canzoncine e a giocare con i suoi giochi di due anni. Dico di aver imparato perché prima non lo sapevo fare. Quando però ho visto che iniziava a guardare quello che guardavo io, e cioè i telegiornali, ho imparato anche a spegnere la televisione per due semplici motivi: il primo è che guardare la televisione, non essendo un bene per gli adulti, non lo è neppure per i bambini; il secondo è che, per quello che fanno vedere, si deve scegliere di non guardarla. E non perché voglia rimanere eternamente bambino, magari potessi. Il vero motivo è perché ho scoperto che posso imparare a fare tutto, tranne una cosa, e cioè spiegare la violenza a mio figlio. Voi ci riuscite? Ci siete già riusciti? Mi dite come avete fatto a spiegare la violenza ai vostri figli? Non trovo un metodo giusto per spiegare a mio figlio di sedici mesi il perché un uomo faccia del male o addirittura uccide un altro uomo. E non è un problema di età anagrafica. Io non sarò in grado di spiegarglielo neppure quando avrà quarant’anni, primo perché io stesso non ho capito la violenza e secondo perché è mio figlio, e ai figli non si parla di cose di questo tipo. Un figlio non dovrebbe sapere cos’è la violenza e la violenza non dovrebbe esistere.
Ditemi voi come gli spiego che uno ha tenuto rinchiusa in casa una donna fino a farla pesare 15 chili, facendola morire in atroci sofferenze e terribili stenti? E se questo non basta, come faccio a dirgli che questa coppia viveva in un condominio e che per anni nessuno mai è andato a vedere che fine avesse fatto questa donna? Forse devo aspettare che abbia almeno 15 o 16 anni per spiegargli queste cose? No! Io non gliele dirò neanche quando avrà cinquant’anni, se il Signore mi concederà di vederlo ancora. I figli non dovrebbero sapere queste cose e queste cose non dovrebbero esistere.
Oppure, ditemi voi come faccio a raccontargli che un gruppo di assassini spietati e deficienti, ispirati al più nero medioevo e sventolando una bandiera nera in onore di un califfato islamico, mozzano la testa a persone ancora in vita o fanno ardere in una gabbia prigionieri che ancora respirano? E se questo non bastasse, come faccio a spiegargli che un esercito di milioni di altre persone si è quasi abituato a tutto questo orrore tanto che, quando succede, questa cronaca occupa solo trenta secondi di telegiornale? Come gli spiego che, nonostante tutti i musulmani non sono come quegli assassini, tanti di loro non condannano apertamente, almeno a parole, queste scelleratezze? Ditemelo voi come fare perché io non lo so. Queste cose i figli non dovrebbero saperle e questi fatti non dovrebbero esistere.
Ho spento la tv anche quando parlavano di un bambino di nome Loris, ucciso e gettato in un canalone. Gli inquirenti pensano che sia stata la madre ad ammazzarlo. Come faccio a spiegare a mio figlio che una madre ha ucciso il suo bambino? Io non so come dirglielo, non voglio dirglielo. Perché i figli non dovrebbero sapere queste cose, e queste cose non dovrebbero esistere. E poi ho sentito che un gruppo di ragazzi ha cosparso un “senza tetto” di benzina e gli ha dato fuoco. Come faccio a dirglielo? Come gli dico che un padre si è bruciato in piazza perché ha perso il lavoro e non aveva più soldi per sfamare suo figlio? Come gli dico che un uomo e una donna hanno gettato dell’acido in faccia a una persona e sono scappati via? Come gli spiego che uno percepisce 44 mila euro di pensione e vitalizio al mese mentre un altro vive con soli 400 euro? Io no so come spiegarglielo. Come glielo spiego che un uomo è morto in carcere per le percosse, un altro ha mandato una bambina imbottita di esplosivo in mezzo a un mercato per farsi esplodere? Con quali parole gli devo dire che una donna è stata violentata e un piccolo innocente è stato abortito? Io non so come dirglielo perché i figli non dovrebbero sapere certe cose e certe cose non dovrebbero esistere.
Ma, adesso che ci penso, queste cose non le dovrei sapere neanch’io, perché anche io, a mia volta, sono un figlio, un figlio di trent’anni, ma pur sempre un figlio. E tutti i figli non dovrebbero sapere certe cose perché queste cose non dovrebbero esistere. E vedendo la violenza che viene fatta sulle persone e sugli animali, una violenza sempre e comunque ingiustificata, io a volte mi vergogno e mi pento di essere figlio degli uomini. Ma se il mio di figlio un giorno dovesse venire a conoscenza di questi fatti, certo che non sono stato io a raccontarglieli, una cosa imparerò a spiegargli: il coraggio di non essere omertosi. Sta scritto: “Lotta per la verità, e il Signore Dio combatterà per te”. Chi sa, dunque, parli, perché a volte basta parlare per impedire o far cessare la violenza. E chi può fare qualcosa per estirpare la violenza lo faccia e lo faccia quanto prima, perché io non voglio raccontare a mio figlio queste cose. Lui non deve saperle.
Non basta evitare la violenza; essa si scatenerà da qualche altra parte. Bisogna, essa sì, abortirla, cioè impedirgli addirittura di attecchire e fecondare il nostro cuore. Noi siamo uomini, e i veri uomini non raccontano ai loro figli queste cose, perché i veri uomini danno tutto e fanno di tutto affinché queste cose non accadano. Coltivate amore e raccogliete amore, dunque, affinché non dobbiate mai raccontare ai vostri figli cos’è la violenza e che colui che l’ha inventata e che ancora la adopera è anch’esso un uomo, seppur è anche un figlio.
Fabrizio Vincenti